REVOCATORIA FALLIMENTARE: i protesti pubblicati successivamente sono irrilevanti

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

In materia di revocatoria fallimentare, è onere di parte attrice provare i presupposti dell’azione. 

I protesti ed i bilanci successivi alle rimesse oggetto di revocatoria, unitamente al fatto che il saldo del conto corrente sia stato oltre il limite del presunto affidamento, non integrano alcun elemento presuntivo. 

Sono revocabili ex art. 67 comma 2 l. fall. le rimesse effettuate nel periodo previsto dalla legge, dal fallito o dal terzo, su conto del fallito scoperto, cioè che non sia assistito da apertura di credito e presenti un saldo passivo o se il correntista fallito abbia sconfinato dal fido accordatogli. Non sono revocabili le rimesse che non abbiano funzione solutoria, ma di semplice ripristino della provvista. Per stabilire il carattere delle rimesse occorre tenere conto del “saldo disponibile” (valutato, cioè in base al momento di effettiva esecuzione da parte della banca degli incassi e delle erogazioni) e non esclusivamente del “saldo contabile” (calcolato in base ad un riferimento puramente cronologico della registrazione delle operazioni) o del saldo “per valuta” (in cui le varie partite vengono iscritte nel conto, in base alla data di maturazione degli interessi).

 In presenza di operazioni di fido, le singole rimesse effettuate sul conto dell’imprenditore poi fallito, nel periodo di cui all’art. 67 comma 2 l. fall., quando il conto sia “scoperto” (per il superamento del fido), sono revocabili per la parte relativa alla differenza tra lo scoperto ed il limite del fido

 Questi i principi espressi dal Tribunale di Torre Annunziata, Dott. Fabio Di Lorenzo, con la sentenza del 04.10.2016 n. 2488 emessa in un procedimento sottoposto alla disciplina della vecchia revocatoria ex art. 67 lf con il regime ante 2005.

Nella causa in oggetto il Fallimento di una società conveniva in giudizio una Banca al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia delle rimesse effettuate nell’anno anteriore al fallimento sul rapporto di conto corrente con la stessa intrattenuto.

Si costituiva l’Istituto di credito, chiedendo il rigetto della domanda attorea sostenendo la natura non solutoria, ma ripristinatoria delle rimesse in oggetto.

Autorizzata la chiamata dei fideiussori, veniva disposta Ctu, depositata la quale la causa è stata mandata in decisione.

Il giudice rilevava altresì che l’onere di provare i presupposti dell’azione gravava – e grava ancora oggi, secondo l’attuale disciplina – sul curatore.

Pacifica l’esistenza del contratto di conto corrente bancario, all’esito della Ctu è risultato che effettivamente nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento il correntista aveva effettuato rimesse.

Il giudicante, richiamando la giurisprudenza di legittimità, evidenziava che non sono suscettibili di revocatoria fallimentare le rimesse aventi natura ripristinatoria del rapporto di provvista, ma esclusivamente quelle aventi natura solutoria, in quanto lesive della par condicio creditorum. In particolare i trasferimenti effettuati dall’imprenditore, poi fallito (o da un terzo), sul proprio conto corrente bancario nel periodo indicato dalla legge sono revocabili soltanto se, all’atto della rimessa, il conto risulti “scoperto”; la “copertura” o meno del conto va accertata con esclusivo riferimento al “saldo disponibile”, da determinarsi in ragione delle epoche di effettiva esecuzione, da parte della banca, degli incassi e delle erogazioni; di conseguenza in presenza di operazioni di fido, le singole rimesse effettuate sul conto dell’imprenditore poi fallito, nel periodo indicato dalla legge quando il conto sia “scoperto” (per il superamento del fido), sono revocabili per la parte relativa alla differenza tra lo scoperto ed il limite del fido.

Nella fattispecie in oggetto era sufficientemente provato che il rapporto fosse affidato, ed il CTU rilevava l’esistenza di rimesse solutorie effettuate nel periodo gennaio-settembre 2003.

Riguardo il presupposto della conoscenza da parte della Banca dello stato di insolvenza in cui versava la società all’ epoca dei trasferimenti, parte attrice allegava la visura protesti, giudicata irrilevante dal giudice campano in quanto tali protesti risultano pubblicati successivamente al compimento delle operazioni contestate, ed il dossier Cerved, rispetto al quale parte convenuta eccepiva che dallo stesso non emergeva l’elemento più significativo, costituito dalle segnalazioni a sofferenza. Su tale specifico punto l’attore però non effettuava una specifica contestazione.

La curatela del Fallimento allegava poi un estratto della perizia del CTU dal quale si evinceva che nel periodo da luglio 2003 a giugno 2004 il saldo del conto corrente superava il limite dell’affidamento. Il dato tuttavia non è stato considerato dirimente dal giudicante, in quanto i versamenti contestati erano tutti – tranne due di modesta entità – antecedenti al luglio 2003

L’attore, infine, individuava quale elemento di conoscibilità dello stato di insolvenza i bilanci del 2001 e del 2002, sostenendo che essi mostrassero un crescente indebitamento. Tuttavia, in ordine al bilancio del 2001 parte convenuta replicava sostenendo l’irrilevanza dello stesso sulla base della considerazione che esso si chiudeva con un utile di esercizio; in ordine poi al bilancio del 2002, parte convenuta evidenziava che esso era stato depositato nel maggio 2003, e quindi dopo la maggior parte dei versamenti contestati.

Alla luce di quanto sopra, il Tribunale non rilevava la prova, neppure presuntiva, in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo della proposta azione, per cui rigettava la domanda attorea, dichiarando assorbita la domanda di manleva proposta dalla convenuta nei confronti dei terzi chiamati fideiussori, compensando le spese di lite e ponendo le spese di Ctu in via definitiva a carico dell’attore e della convenuta nella misura di metà ciascuno.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:

REVOCATORIA FALLIMENTARE: LE SEGNALAZIONI DI MERO “SCONFINO” NON INTEGRANO LA “SCIENTIA DECOCTIONIS”

IL CURATORE DEVE FORNIRE LA PROVA CONCRETA ED EFFETTIVA DELL’ELEMENTO SOGGETTIVO

Sentenza Tribunale di Tivoli, dott. Fernando Scolaro 10-02-2015 n.308

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-le-segnalazioni-di-mero-sconfino-non-integrano-la-scientia-decoctionis.html

REVOCATORIA FALLIMENTARE: LA BANCA CHE MANTENGA IN ESSERE GLI AFFIDAMENTI NON CONOSCE LO STATO DI INSOLVENZA

LA SCIENTIA DECOCTIONIS DEVE ESSERE EFFETTIVA E NON MERAMENTE POTENZIALE.

Sentenza Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dott. M. Pugliese 28-01-2015 n.341

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-la-banca-che-mantenga-in-essere-gli-affidamenti-non-conosce-lo-stato-di-insolvenza.html

REVOCATORIA FALLIMENTARE: AI FINI DELLA SCIENTIA DECOCTIONIS NON RILEVA LA CLASSIFICAZIONE A SOFFERENZA DEL CONTO

È ONERE DEL CURATORE DIMOSTRARE LA EFFETTIVA CONOSCENZA DELLO STATO DI INSOLVENZA DELL’IMPRENDITORE

Sentenza Tribunale di Napoli, dott.ssa Alessia Notaro 09-01-2015 n.285

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-ai-fini-della-scientia-decoctionis-non-rileva-la-classificazione-a-sofferenza-del-conto.html


 

REVOCATORIA FALLIMENTARE: non costituisce mezzo anormale di pagamento l’escussione di polizza costituita in pegno

Procedimento patrocinato da DE SIMONE LAW FIRM

Non rientra tra le ipotesi di mezzo anormale di pagamento, di cui all’art. 67 comma 1, n. 2 lf, l’escussione anticipata della polizza costituita in pegno a favore dell’Istituto di Credito, non potendo sostenersi che l’escussione abbia realizzato una modalità anomala di estinzione del debito in conto corrente, rappresentando, invece, un modo di estinzione del debito, sempre liquido ed esigibile, rientrante nella normalità dei rapporti tra le parti ed in linea con la causa tipica del contratto di pegno.

Questo il principio affermato dal Tribunale di Nola, Giudice dott.ssa Giuseppa D’Inverno nella sentenza n. 497/2016 pubblicata il 17.02.2016, nell’ambito di un giudizio di revocatoria ex art. 67 lf.

In particolare la curatela ha proposto azione di inefficacia ex art. 67 comma 1, n. 2 lf, nei confronti di un Istituto di Credito, relativamente all’operazione di riscatto totale di una polizza vita, esercitato dal creditore pignoratizio Banca, e di successivo utilizzo del controvalore liquidato per la riduzione della debitoria presente sul c/c ordinario accesso dalla fallita, sul presupposto della anomalia di tale pagamento.

Si è costituito l’Istituto sollevando una pluralità di eccezioni ed, in particolare, l’infondatezza della domanda, considerata l’assenza di qualsivoglia anomalia nel pagamento,  trattandosi della  escussione di una garanzia legittimamente concessa.

Il Tribunale di Nola, nel motivare l’infondatezza della domanda, rileva come, nel caso di specie,  la possibilità di riscatto anticipato fosse prevista dall’atto di pegno, ed al contempo come non possa sostenersi che l’escussione abbia realizzato una modalità anomala di estinzione del debito in conto corrente, rappresentando invece – come affermato dalla convenuta- un modo di estinzione del debito, sempre liquido ed esigibile, rientrante nella normalità dei rapporti tra le parti ed in linea con la causa tipica del contratto di pegno.

 Sul punto, viene richiamata anche la giurisprudenza di legittimità e di merito, conforme all’adottato orientamento, allorquando afferma che “In tema di revocatoria fallimentare, la rimessa in conto corrente bancario effettuata con denaro proveniente dalla vendita di un bene costituito in pegno ormai consolidatosi in favore della stessa banca è revocabile, ai sensi dell’art. 67 (comma 2)della legge fall., non assumendo alcun rilievo la circostanza che il ricavato della vendita sia destinato a soddisfare un credito privilegiato, in quanto l'”eventus damni” deve considerarsi “in re ipsa“, consistendo nella lesione della “par condicio creditorum” ricollegabile all’uscita del bene dalla massa in forza dell’atto dispositivo, e non potendosi escludere “a priori” il pregiudizio delle ragioni di altri creditori privilegiati, insinuatisi in seguito al passivo” (così Cass. civ., sez. I, 26 febbraio 2010, n. 4785; Trib. Napoli, 11.11.2011, in www.iusletter.com ) .

Sulla base di tale corretto iter motivazionale, il Tribunale di Nola ha rigettato la domanda proposta dalla curatela con condanna al pagamento delle spese di lite.

REVOCATORIA: il curatore non può proporre la medesima azione prima per il fallimento sociale e poi per quello personale

Procedimento patrocinato da DE SIMONE LAW FIRM

Nel caso di sentenza dichiarativa del fallimento di una società di persone e dei soci illimitatamente responsabili, il curatore fallimentare non può agire una volta in rappresentanza dei creditori della società e l’altra in rappresentanza unicamente di quelli del socio al fine di potersi giovare – a suo piacimento – della sentenza che gli sia più favorevole.

E’ pertanto del tutto indifferente che il curatore promuova l’azione spendendo il nome del solo fallimento sociale o, viceversa, del solo fallimento del socio, posto che, in un caso o nell’altro, il passaggio in giudicato della sentenza emessa nel relativo giudizio fa stato nei confronti dei creditori di entrambe le masse.

Questi i principi enunciati dalla Corte di Cassazione, prima sezione, Pres. Vittorio Ragonesi – Rel. Magda Cristiano, con ordinanza pubblicata il 21/01/2016, nell’ambito di un giudizio di revocatoria ordinaria, promossa dal curatore di una società di persone in accomandata semplice, prima per il fallimento sociale e poi per il solo fallimento personale.

In particolare, la curatela del Fallimento sociale aveva promosso azione ex artt. 66 lf e 2901 cc nei confronti di un Istituto di credito e la domanda era stata respinta.

Successivamente il solo Fallimento del socio accomandatario, aveva proposto la medesima domanda, sul presupposto di essere un soggetto diverso, agendo in rappresentanza dei creditori del socio e la domanda veniva accolta prima dal Tribunale con sentenza, la quale poi veniva confermata anche in appello.

L’istituto di credito proponeva il ricorso per Cassazione, denunciando violazione del principio del ne bis in idem, alla luce del giudicato intervenuto con la prima sentenza di primo grado, eccezione rigettata dalla Corte d’Appello sul presupposto che la detta sentenza fosse intervenuta fra soggetti in parte diversi, non potendosi ritenere che il curatore del fallimento della società avesse agito anche nella veste di curatore del fallimento del socio accomandatario.

La Suprema Corte, nell’affermare la fondatezza del motivo, con l’ordinanza in esame, ha chiarito finalmente i termini della questione concernente la legittimazione ad agire del fallimento sociale in relazione agli atti compiuti dal socio illimitatamente responsabili e i limiti del principio dell’autonomia del patrimonio della società rispetto a quello dei soci, in relazione all’altro della rappresentanza del curatore del fallimento sociale.

Viene evidenziato, infatti, come nel caso di sentenza dichiarativa del fallimento di una società di persone e dei soci illimitatamente responsabili, il fatto che il patrimonio della società resti autonomo rispetto a quello dei soci, e che vadano conseguentemente tenute distinte le diverse masse attive e passive, non implichi che il curatore possa agire separatamente per la revocatoria del medesimo atto di disposizione compiuto dal socio, una volta in rappresentanza dei creditori della società e l’altra in rappresentanza unicamente di quelli del socio, in modo da potersi giovare — a suo piacimento – della sentenza che gli sia più favorevole.

La Corte precisa, poi, come dal principio ripetutamente affermato, secondo cui il curatore del fallimento sociale è attivamente legittimato ad agire in revocatoria anche contro atti di disposizione compiuti dal socio (in considerazione dell’interesse correlato agli effetti positivi che, ai fini del soddisfacimento dei creditori sociali, deriva dall’incremento dell’attivo del fallimento personale del socio) possa, al contrario, agevolmente ricavarsi che la pronuncia che definisce la causa in tal veste instaurata dal curatore è destinata a produrre in primo luogo i suoi effetti sulla massa attiva del socio: il vittorioso esperimento dell’azione comporterà infatti l’acquisizione del bene (o del tantundem) al medesimo patrimonio dal quale è fuoriuscito, con la conseguenza che sul ricavato potranno soddisfarsi anche i creditori particolari del socio.

A questo punto la Corte afferma il rilevante principio secondo cui è del tutto indifferente che il curatore promuova l’azione spendendo il nome del solo fallimento sociale o, viceversa, del solo fallimento del socio, posto che, in un caso o nell’altro, il passaggio in giudicato della sentenza emessa nel relativo giudizio fa stato nei confronti dei creditori di entrambe le masse.

E poiché, nel caso di specie, il curatore del Fallimento della s.a.s. aveva già proposto nei confronti dell’Istituto di credito le domande (di declaratoria di inefficacia ex artt. 66 e 2901 c.c. dell’atto di realizzazione dei titoli costituiti in pegno dal socio accomandatario e di condanna alla restituzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni) oggetto anche del presente giudizio e tali domande erano state respinte con sentenza del Tribunale di Napoli passata in giudicato, atteso il principio del ne bis in idem, la Corte rileva come fosse dunque precluso al giudice di pronunciare sulle medesime domande, ancorché riproposte dall’attore nella sola veste di curatore del fallimento del socio accomandatario.

Sulla base di tale iter argomentativo, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e cassato senza rinvio la sentenza impugnata, condannando la curatela al pagamento delle spese di lite dei vari gradi di giudizio.

Ci sono voluti due gradi di giudizio per ottenere il riconoscimento del principio semplice e logico del ne bis in idem, essendo evidente che il medesimo soggetto giuridico non può giovarsi – a suo piacimento – della sentenza che gli sia più favorevole.

 

REVOCATORIA FALLIMENTARE: la concessione di un finanziamento in pool è espressione di fiducia della banca nell’imprenditore.

Procedimento patrocinato da DE SIMONE LAW FIRM

 

In tema di revocatoria fallimentare,per il raggiungimento della prova della scientia decoctionis con il mezzo delle presunzioni, non è sufficiente un’astratta conoscibilità oggettiva corroborata da un presunto dovere di conoscere a carico della banca.

 Ne consegue che, qualora un creditore, come un istituto bancario, abbia la possibilità di ottenere informazioni sulla situazione patrimoniale dei propri debitori in misura superiore a quella comune, non è possibile sostenere che, solo in quanto soggetto qualificato, quel creditore abbia, sempre e comunque, effettiva e concreta cognizione dell’irreversibile incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, in tal modo illegittimamente escludendo ogni dovere di allegazione, da parte del curatore, di elementi sintomatici della reale consapevolezza della crisi dell’imprenditore o, addirittura, determinando una vera e propria inversione dell’onere della prova, con la banca investita della necessità di dimostrare la propria inscientia decoctionis.

 La mera qualità di intermediario bancario assume rilevanza non di per sé ma solo in presenza di concreti collegamenti di quel creditore con gli indici sintomatici dello stato di insolvenza.

 Non dimostra la conoscenza dello stato di insolvenza la partecipazione della banca convenuta ad un pool di istituti di credito che concessero all’imprenditore, poi fallito, di un finanziamento ipotecario, costituendo di contro la stipulazione di tale contratto espressione di una preventiva verifica della sussistenza, in capo al soggetto beneficiario, di risorse economiche e finanziarie tali da garantirne la solvibilità e l’adeguata capacità di rimborso.

Il conferimento di due mandati irrevocabili all’incasso di crediti tributari non costituisce, ex se, manifestazione esteriore di uno stato di insolvenza, integrando, di norma, una forma di pagamento o di garanzia propria della prassi commerciale, con particolare riferimento alle operazioni di finanziamento a breve termine.

Questi i principi espressi dal Tribunale di Salerno, giudice dott. Alessandro Brancaccio, con la sentenza n. 4636 del 6 novembre 2015, nell’ambito di un giudizio di revocatoria ex art. 67 lf.

Di seguito i fatti di causa.

Un imprenditore di importanza primaria ebbe a stipulare con un pool di banche un finanziamento ipotecario ed inoltreconferì mandati irrevocabili all’incasso.

Successivamente,dopo circa due anni,presentava domanda di concordato preventivo, poi risolto, motivo per il quale la quale il Tribunale dichiarava il fallimento della società.

Il curatore proponeva azione revocatoria fallimentare in danno della banca, chiedendo la dichiarazione di inefficacia delle rimesse pervenute sul conto corrente, sul presupposto che la banca fosse a conoscenza dello stato di insolvenza per aver stipulato un finanziamento in pool e per concesso finanziamenti dietro la cessione di credito di natura tributaria (cessioni Iva).

Si costituiva in giudizio l’istituto di credito, il quale contestava la sussistenza del requisito soggettivo, sul presupposto, in primis, della circostanza di aver sempre avuto la massima fiducia nel cliente, per averlo – ad esempio – sostenuto con il piano di finanziamento per il rilancio dell’impresa con altre aziende di credito, anche con la concessione di altre linee di credito aggiuntive.

La Banca contestava, altresì, gli altri elementi posti a supporto della dedottascientia decotionis, per essere gli stessi cronologicamente successivi alle rimesse bancarie oggettio di declaratoria di inefficacia.

Il Tribunale,dopo una analitica disamina di tutti gli elementi forniti dalla curatela, ha rigettato la domanda con condanna del fallimento al pagamento delle spese di lite.

 

IL COMMENTO

La conoscenza dello stato di insolvenza richiede la presenza di concreti collegamenti di quel creditore con gli indici sintomatici dello stato di insolvenza, qualirisultanze dei bilanci, protesti, iscrizioni ipotecarie, procedimenti esecutivi, dovendosi valorizzare le condizioni in cui l’accipiens si è trovato ad operare in una determinata situazione.

Non si possono ultilizzare a ritroso – come spesso avviene –elementi cronologicamente successivi per sostenere che la banca, in quanto operatore qualificato, avrebbe dovuto conoscere sempre e comunque lo stato di insolvenza, con imposizione a carico dell’istituto di credito del dono della chiaroveggenza ed esonero della curatela dall’assolvimento dell’onere della prova.

REVOCATORIA FALLIMENTARE: PROVA DELLA SCIENTIA DECOTIONIS: IRRILEVANTE L’ANDAMENTO DEL CONTO CON SCONFINAMENTI E/O SCOPERTI

IL RICORSO ALLE PRESUNZIONI NON PUÒ TRADURSI IN UNA PRESUNZIONE DI ESISTENZA FONDATA SULLA MERA POSSIBILITÀ DI ACQUISIZIONE.

Sentenza Corte di Appello di Napoli, Prima Sezione, Pres. Lopiano – Rel. Candia 30-01-2015 n.539

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-prova-della-scientia-decotionis-irrilevante-l-andamento-del-conto-con-sconfinamenti-e-o-scoperti.html

 

REVOCATORIA FALLIMENTARE: AI FINI DELLA SCIENTIA DECOCTIONIS NON RILEVA LA CLASSIFICAZIONE A SOFFERENZA DEL CONTO

È ONERE DEL CURATORE DIMOSTRARE LA EFFETTIVA CONOSCENZA DELLO STATO DI INSOLVENZA DELL’IMPRENDITORE

Sentenza Tribunale di Napoli, dott.ssa Alessia Notaro 09-01-2015 n.28

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-ai-fini-della-scientia-decoctionis-non-rileva-la-classificazione-a-sofferenza-del-conto.html

 

REVOCATORIA FALLIMENTARE: L’AFFIDAMENTO DI UN RAPPORTO BANCARIO PUÒ DESUMERSI DALLA CENTRALE RISCHI DELLA BANCA D’ITALIA

LE ANTICIPAZIONI BANCARIE NON COSTITUISCONO ATTI ANORMALI DI PAGAMENTO

Sentenza Tribunale di Nola, Giudice dott.ssa D’Inverno 17-03-2015

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-l-affidamento-di-un-rapporto-bancario-puo-desumersi-dalla-centrale-rischi-della-banca-d-italia.html

 

REVOCATORIA FALLIMENTARE: ESCLUSI I PAGAMENTI E LE GARANZIE POSTI IN ESSERE IN ESECUZIONE DEL CONCORDATO PREVENTIVO

IL LEGISLATORE HA PRIVILEGIATO LA CONTINUITÀ AZIENDALE E IL SALVATAGGIO DELLE IMPRESE IN CRISI RISPETTO ALLA PAR CONDICIO CREDITORUM

Sentenza Tribunale di Salerno, dott. Alessandro Brancaccio 21-10-2014 n.4928

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-esclusi-i-pagamenti-e-le-garanzie-posti-in-essere-in-esecuzione-del-concordato-preventivo.html

 

REVOCATORIA FALLIMENTARE: ai fini della scientia decoctionis non rileva la classificazione a sofferenza del conto

Procedimento patrocinato da DE SIMONE LAW FIRM

 

 Non è provata la conoscenza dello stato di insolvenza ove la curatela ponga quale unico elemento presuntivo il versamento della somma sul conto già a sofferenza.

 Non è possibile desumere la conoscenza dello stato di insolvenza dalla mera affermazione di un andamento anomalo del conto. La mancata allegazione dei bilanci e l’omessa descrizione di tutte le operazioni compiute nei sei mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento, non consentono di ricostruire, in base ad un processo logico-deduttivo, la scientia decoctionis in capo alla banca.

 È e resta onere del curatore dimostrare la conoscenza, da parte dell’istituto, dello stato di insolvenza dell’imprenditore.

 Non è possibile affermare che la banca, solo in quanto tale, abbia la possibilità di conoscere le difficoltà economiche e finanziarie dei propri clienti, posto che, così ragionando, si rischierebbe di escludere (ed illegittimamente) ogni necessità di allegazione da parte del curatore degli elementi sintomatici della concreta conoscenza della crisi dell’imprenditore o addirittura di dar luogo ad una vera e propria inversione dell’onere della prova.

Questi i principi espressi dal Tribunale di Napoli, sezione Fallimentare, Giudice Unico dott.ssa Alessia Notaro, con sentenza n. 285 del 09.01.2015, rigettando la domanda promossa dalla Curatela diretta a far dichiarare l’inefficacia delle rimesse bancarie effettuate dalla società fallita nei sei mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento.

La Curatela citando in giudizio la Banca riteneva che le rimesse effettuate dal correntista nei sei mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento fossero revocabili sul presupposto che la banca ben conosceva lo stato di insolvenza della società poi fallita atteso che le stesse erano state effettuate su conti già a sofferenza.

Si costituiva  in giudizio la Banca contestando le avverse richieste ben evidenziando che alla fattispecie deve essere applicata la disposizione di cui all’art.67 LF, nella sua nuova formulazione, che dispone la revocabilità delle rimesse solo a particolari condizioni di cui la curatela non aveva dato prova; oltre alla carenza dell’elemento soggettivo e oggettivo.

Il giudice partenopeo, nell’esaminare la domanda attorea, si è soffermato sull’analisi dell’elemento soggettivo della conoscenza dello stato di insolvenza cd. scientia decoctionis (da sempre oggetto di dibattito giurisprudenziale), il cui onere grava sul curatore.

In particolare, il curatore deve dare la prova effettiva e non meramente potenziale che la parte conosceva lo stato di insolvenza del correntista.

Il Giudice, poi, ben precisa che nel valutare gli elementi indiziari idonei a far desumere la prova della scientia decoctionis deve tenersi conto anche dello status professionale del soggetto che dovrebbe avere conoscenza del dissesto.

In tal senso fra gli operatori economici ritenuti più capaci devono senza dubbio annoverarsi gli istituti di credito i quali sono in grado di controllare, in modo continuativo, le eventuali variazioni patrimoniali dei loro clienti, potendo sia accedere alla centrale Rischi presso la Banca d’Italia, che conoscere anticipatamente i bilanci di esercizio o ancor assumere informazioni riservate da parte di altre banche.

Ciò tuttavia, afferma il Giudice, la qualifica dell’operatore quale “banca” non è di per sé idonea ad affermare l’implicita e automatica conoscenza dello stato di insolvenza del debitore fallito. Invero, una tale automaticità comporterebbe l’esclusione, del tutto illegittima, per il curatore, di dover dimostrare ulteriori elementi sintomatici della concreta conoscenza della crisi dell’imprenditore.

In tal senso è e resta onere del curatore dover dimostrare la conoscenza, da parte dell’istituto, dello stato di insolvenza dell’imprenditore.

Con riferimento al caso in esame, il Giudice precisa che la Curatela avrebbe fondato il proprio onere basandolo sulla circostanza per cui: “Le operazioni sarebbero state effettuate su di un conto a sofferenza in data di poco antecedente alla dichiarazione di fallimento”. In altri termini secondo la curatela la conoscenza dello stato di insolvenza sarebbe desumibile dalla mera affermazione di un andamento anomalo del conto.

Sul punto l’adito Giudicante, nel rigettare l’azione promossa dal fallimento ben evidenzia come tale unico elemento sintomatico indicato dal curatore non è di per se idoneo a dimostrare la sussistenza dell’elemento soggettivo.

Ne è possibile, invero, affermare che la banca abbia, solo in quanto tale, la possibilità di conoscere le difficoltà economiche e finanziarie dei propri clienti, posto che, così ragionando, si rischierebbe di escludere (ed illegittimamente) ogni necessità di allegazione da parte del curatore degli elementi sintomatici della concreta conoscenza della crisi dell’imprenditore o addirittura di dar luogo ad una vera e propria inversione dell’onere della prova.

In altri termini, se può ragionevolmente ammettersi che la banca ha la possibilità tecnica ed organizzativa di conoscere la reale situazione patrimoniale dei propri clienti prima e meglio degli altri creditori, ciò evidentemente non basta per ritenere dimostrata la sua effettiva conoscenza dello stato di insolvenza del correntista poi fallito, essendo pur sempre necessario che il curatore deduca e dimostri in giudizio quelle circostanze di fatto da cui la banca, se del caso prima e meglio di altri operatori economici, avrebbe potuto trarre la consapevolezza delle difficoltà finanziarie del debitore al momento dell’adempimento.

Del resto, nel caso di specie, anche i dati concernenti il concreto andamento del conto. come registrato dagli estratti esibiti, si presentano del tutto insufficienti a sostenere la tesi della curatela attrice che, viceversa, dagli stessi, vorrebbe trarre argomenti certi a sostegno della dimostrazione della scientia decoctionis.

Alla luce delle suesposte considerazioni il Tribunale ha rigettato la domanda attorea ben chiarendo che la scientia decoctionis deve essere specificamente provata anche nei confronti della banca, operatore qualificato e non rileva la classificazione della posizione a sofferenza.

 

 


REVOCATORIA FALLIMENTARE: scientia decotionis: bilanci irrilevanti senza prova conoscibilità

Procedimento patrocinato da DESIMONE LAW FIRM

Ai fini della prova della scientia decotionis, fondata sulla conoscenza dei dati del bilancio, perché possa affermarsi che la Banca avesse avuto accesso ai dati di bilancio, la curatela deve dimostrare che il bilancio sia stato approvato e reso conoscibile dai terzi in data antecedente alle rimesse impugnate.

La curatela deve dimostrare quando il bilancio è stato approvato e depositato presso il Registro delle Imprese.

E’ quanto disposto dalla Corte di Appello di Napoli, I Sezione, giudice relatore dott. Petruzziello, con la sentenza n. 3776, depositata il 25/09/2015, nell’ambito di un giudizio di revocatoria ex art. 67 lf, proposto da una curatela nei confronti di una banca.

Nella fattispecie all’esame della Corte, una curatela fallimentare proponeva azione di revocatoria fallimentare ex art. 67 lf avente ad oggetto rimesse bancarie affluite su di un conto affidato.

Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda, ritenendo provata la conoscenza dello stato di insolvenza della fallita, solo a far data dei primi protesti elevati dal medesimo istituto di credito ed escludendo la rilevanza degli altri elementi forniti.

In particolare, si escludeva la rilevanza dei dati del bilancio relativo all’esercizio precedente la gran parte delle rimesse impugnate, in quanto il bilancio non era stato prodotto, laddove quello relativo all’esercizio successivo, prodotto, poteva ritenersi conosciuto in epoca in cui la conoscenza dello stato di insolvenza era già stata acclarata sulla scorta degli altri elementi indicati.

Il Fallimento proponeva appello e censurava la suddetta sentenza, affermando, in particolare, il principio secondo cui il bilancio dell’anno successivo deve, comunque, contenere lo stato patrimoniale ed il conto economico relativi all’anno precedente, con la conseguenza di poter desumere anche i dati dello stato patrimoniale e del conto economico dell’esercizio precedente, di talché la Banca ne avrebbe potuto avere conoscenza.

Costituitasi nel giudizio di appello, la Banca eccepiva, tra l’altro, l’insussistenza del requisito soggettivo in epoca precedente a quella affermata dal giudice di prime cure, negando l’esistenza di una presunzione assoluta di conoscenza dei dati dei bilanci, per il sol fatto che gli stessi siano presumibilmente depositati presso il Registro delle Imprese.

La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza in esame, ha rilevato come la curatela non solo non avesse prodotto il bilancio in questione, ma soprattutto non avesse dimostrato se e quando lo stesso fosse stato approvato e depositato nel Registro delle Imprese per l’iscrizione.

Sul punto, la Corte ha, altresì, affermato il principio secondo cui, perché possa affermarsi che la Banca avesse avuto accesso ai dati di bilancio, la curatela deve dimostrare che il bilancio sia stato approvato e reso conoscibile dai terzi in data antecedente alle rimesse impugnate.

Nel caso di specie, tale prova era mancata, dal momento che nella documentazione prodottta dal fallimento, non vi era alcuna certificazione del Registro delle Imprese (illustrativa del an e del quando del deposito del bilancio), né era stata depositata copia dell’usuale ricevuta di presentazione rilasciata dalla C.C.I.A.A. all’atto del deposito del bilancio.

Sulla base di tali motivi, la Corte di Appello di Napoli ha ritenuto infondati i motivi di appello relativi alla scientia decotionis.

Per altri precedenti

REVOCATORIA FALLIMENTARE: LA CONCESSIONE DI UN FINANZIAMENTO IN POOL È ESPRESSIONE DI FIDUCIA DELLA BANCA NELL’IMPRENDITORE
AI FINI DELLA SCIENTIA DECOTIONIS, È IRRILEVANTE DI PER SÉ LA MERA QUALITÀ DI INTERMEDIARIO BANCARIO
Sentenza Tribunale Salerno, Dott. Alessandro Brancaccio 06-11-2015 n.4636

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-la-concessione-di-un-finanziamento-in-pool-e-espressione-di-fiducia-della-banca-nell-imprenditore.html
SCIENTIA DECOCTIONIS: OCCORRONO DATI CONTABILI NEGATIVI DI IMMEDIATA EVIDENZA
NON RILEVA EX SE LA CIRCOSTANZA CHE LA BANCA SIA UN OPERATORE QUALIFICATO
Sentenza Corte di Appello di Napoli, Pres. Lopiano – Rel. Tabarro 25-05-2015 n.2360

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/scientia-decoctionis-occorrono-dati-contabili-negativi-di-immediata-evidenza.html
REVOCATORIA FALLIMENTARE: AI FINI DELLA SCIENTIA DECOTIONIS, È IRRILEVANTE L’IPOTECA VOLONTARIA
COSTITUISCONO IDONEO ELEMENTO DI PROVA LE IPOTECHE LEGALI ISCRITTE DALLA CONCESSIONARIA PER LA RISCOSSIONE
Sentenza Tribunale di Napoli, VII Sezione, Giudice Pres. dott. Di Nosse 13-04-2015 n.5390

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-ai-fini-della-scientia-decotionis-e-irrilevante-l-ipoteca-volontaria.html
REVOCATORIA FALLIMENTARE: PROVA DELLA SCIENTIA DECOTIONIS: IRRILEVANTE L’ANDAMENTO DEL CONTO CON SCONFINAMENTI E/O SCOPERTI
IL RICORSO ALLE PRESUNZIONI NON PUÒ TRADURSI IN UNA PRESUNZIONE DI ESISTENZA FONDATA SULLA MERA POSSIBILITÀ DI ACQUISIZIONE
Sentenza Corte di Appello di Napoli, Prima Sezione, Pres. Lopiano – Rel. Candia 30-01-2015 n.539

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-prova-della-scientia-decotionis-irrilevante-l-andamento-del-conto-con-sconfinamenti-e-o-scoperti.html
REVOCATORIA FALLIMENTARE: LA BANCA CHE MANTENGA IN ESSERE GLI AFFIDAMENTI NON CONOSCE LO STATO DI INSOLVENZA
LA SCIENTIA DECOCTIONIS DEVE ESSERE EFFETTIVA E NON MERAMENTE POTENZIALE.
Sentenza Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dott. M. Pugliese 28-01-2015 n.341

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-la-banca-che-mantenga-in-essere-gli-affidamenti-non-conosce-lo-stato-di-insolvenza.html
REVOCATORIA FALLIMENTARE: AI FINI DELLA SCIENTIA DECOCTIONIS NON RILEVA LA CLASSIFICAZIONE A SOFFERENZA DEL CONTO
È ONERE DEL CURATORE DIMOSTRARE LA EFFETTIVA CONOSCENZA DELLO STATO DI INSOLVENZA DELL’IMPRENDITORE
Sentenza Tribunale di Napoli, dott.ssa Alessia Notaro 09-01-2015 n.285

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-ai-fini-della-scientia-decoctionis-non-rileva-la-classificazione-a-sofferenza-del-conto.html