ATP: inammissibile in materia di usura ed anatocismo

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

E’ inammissibile il ricorso per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c. che prospetti come meramente ipotetici l’applicazione di un tasso d’interesse maggiore di quello pattuito, ovvero la pattuizione di interessi usurari od anatocistici, posto che in tal modo lo strumento tecnico verrebbe asservito a finalità esplorative, che sono estranee agli obiettivi conciliativi che l’istituto in questione persegue.

Invero, l’indagine che si richiede al giudice in subiecta materianecessariamente presuppone la soluzione di questioni giuridiche controverse sulla cui configurazione esiste una pluralità di opzioni interpretative, non profilandosi solo aspetti tecnici da risolvere, da riservarsi al giudice deputato a decidere del merito della controversia.

Questi sono i principi espressi dal Tribunale di Napoli, in persona della dott.ssa Grazia Bisogni, con provvedimento del 5 dicembre 2016, che ha respinto nettamente la richiesta di accertamento tecnico preventivo ex art. 669 bis cpc, formulata dal cliente di un istituto di credito al fine di ottenere un ricalcolo degli oneri accessori ad un contratto di mutuo ipotecario.

Nel caso di specie, il mutuatario richiedeva al Tribunale di nominare un C.T.U. al quale affidare l’incarico di verificare se il calcolo degli interessi indicati nel contratto di mutuo ipotecario e nel piano di ammortamento avesse comportato effetti anatocistici e se la concreta applicazione delle relative clausole avesse comportato lo scostamento del tasso di interesse effettivamente applicato rispetto ai parametri negoziali, provvedendo ad indicare, in caso di esito positivo, il piano di ammortamento depurato degli effetti anatocistici, e calcolando anche la differenza tra quanto dovuto e quanto versato per le rate già pagate.

Si costitutiva la banca, la quale eccepiva l’inammissibilità del ricorso per difetto dei presupposti prescritti dallo stesso art. 696 bis cpc, disposizione dettata al fine di creare uno strumento processuale di “istruzione preventiva” con finalità prevalentemente conciliative e deflattive del contenzioso.

Aderendo alle difese dell’istituto – e confermando la giurisprudenza di merito più recente – il Tribunale ha rilevato l’inammissibilità del ricorso, sotto due principali profili.

In primo luogo, il ricorrente aveva prospettato in termini generici e meramente ipotetici l’applicazione di un tasso d’interesse maggiore di quello pattuito e l’inadempimento surrettiziamente perpetrato dalla banca, per tale via, alle disposizioni contrattuali, dettate in tema di interesse corrispettivo, e normative, di divieto dell’anatocismo.

Ebbene, per questa via – ha rilevato il giudice campano – l’accoglimento la richiesta di parte ricorrente si sarebbe tradotto nel conferimento di un incarico peritale finalizzato a “verificare ciò che solo in via dubitativa una parte lamenti contro l’altra”, finendo per piegare lo strumento tecnico processuale a finalità meramente esplorative, che sono estranee alla disciplina dettata dall’art. 696bis cpc.

Ed infatti – e si viene al secondo profilo di inammissibilità – in mancanza di ragioni di urgenza, lo strumento dell’accertamento tecnico preventivo non può che avere una funzione conciliativa e deflattiva del contenzioso, da riservarsi a quei casi in cui, risolte preliminarmente questioni tecniche di relativa complessità, è verosimile che le parti possano raggiungere un accordo, così scongiurando il venir in essere di una controversia tra le stesse.

Nel caso di specie – ha notato il Tribunale – il dissidio tra le parti, in fatto ed in diritto, era già sorto, sfociando nella richiesta di verifica in sede giudiziale “sull’an debeatur, sulla cui configurazione esiste una pluralità di soluzioni interpretative, in dottrina ed in giurisprudenza, che è opportuno siano risolte nella sede, a ciò deputata, della cognizione piena della causa di merito”.

Ma, proprio in relazione a tale dissidio, è evidente che l’adesione ad una precisa tesi interpretativa da parte del giudice chiamato a pronunciarsi in via “preventiva” sulla richiesta di consulenza tecnica, si tradurrebbe in una precisa formulazione dei quesiti di C.T.U., la cui anticipata definizione, sia pure provvisoria, finirebbe per comportare un’anticipazione di giudizio nel merito, che non sarebbe in grado di orientare le parti verso la conciliazione della lite.

A ben vedere, nel merito, il mutuatario prospettava la ricorrenza di un fenomeno anatocistico per effetto della strutturazione del piano di ammortamento c.d. alla francese.

Sul punto – ha osservato coerentemente il Tribunale – “l’indagine che si richiede al giudice in subiecta materia necessariamente presuppone la condivisione di un assunto tutto da dimostrare non sotto il profilo tecnico-contabile ma giuridico, secondo il quale il piano di ammortamento adottato per il mutuo in questione ed “alla francese” sia contrario al divieto posto dall’art. 1283 c.c. in quanto produttivo di interessi anatocistici”.

Dunque, non si tratta solo di risolvere problematiche di carattere squisitamente tecnico, ma di adottare una precisa opzione ermeneutica – sul piano giuridico – su un punto controverso che la giurisprudenza, come aveva fatto emergere la difesa della Banca, risolve in via crescente proprio in maniera contraria all’assunto di parte ricorrente.

Ne è discesa la conclusione più logica: “l’adesione o meno a tale opzione ermeneutica deve essere riservata al giudice che deciderà il merito della controversia ( “L‘accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c non può essere richiesto per accertare l’entità del credito dovuto all’istituto di credito in presenza di tasso usurario posto che le questioni da sottoporre al c.t.u. non sono di mero accertamento ma si presentano complesse perché demandano al c.t.u. valutazioni giuridiche sugli accordi negoziali di pertinenza esclusivamente del giudice (quali la misura usuraria dei tassi applicati”): Tribunale Spoleto, 18/05/2015; cfr. anche Tribunale di Milano, VI sezione civile, 14.11.2013; Trib. Milano, sez. X, 23 gennaio 2007; Trib. Milano 17 aprile 2006)”.

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 696 bis cpc, condannando il mutuatario al pagamento delle spese processuali.

Per approfondimenti sui precedenti conformi si invita alla consultazione dei seguenti contributi:

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