REVOCATORIA FALLIMENTARE: non costituisce mezzo anormale di pagamento l’escussione di polizza costituita in pegno

Procedimento patrocinato da DE SIMONE LAW FIRM

Non rientra tra le ipotesi di mezzo anormale di pagamento, di cui all’art. 67 comma 1, n. 2 lf, l’escussione anticipata della polizza costituita in pegno a favore dell’Istituto di Credito, non potendo sostenersi che l’escussione abbia realizzato una modalità anomala di estinzione del debito in conto corrente, rappresentando, invece, un modo di estinzione del debito, sempre liquido ed esigibile, rientrante nella normalità dei rapporti tra le parti ed in linea con la causa tipica del contratto di pegno.

Questo il principio affermato dal Tribunale di Nola, Giudice dott.ssa Giuseppa D’Inverno nella sentenza n. 497/2016 pubblicata il 17.02.2016, nell’ambito di un giudizio di revocatoria ex art. 67 lf.

In particolare la curatela ha proposto azione di inefficacia ex art. 67 comma 1, n. 2 lf, nei confronti di un Istituto di Credito, relativamente all’operazione di riscatto totale di una polizza vita, esercitato dal creditore pignoratizio Banca, e di successivo utilizzo del controvalore liquidato per la riduzione della debitoria presente sul c/c ordinario accesso dalla fallita, sul presupposto della anomalia di tale pagamento.

Si è costituito l’Istituto sollevando una pluralità di eccezioni ed, in particolare, l’infondatezza della domanda, considerata l’assenza di qualsivoglia anomalia nel pagamento,  trattandosi della  escussione di una garanzia legittimamente concessa.

Il Tribunale di Nola, nel motivare l’infondatezza della domanda, rileva come, nel caso di specie,  la possibilità di riscatto anticipato fosse prevista dall’atto di pegno, ed al contempo come non possa sostenersi che l’escussione abbia realizzato una modalità anomala di estinzione del debito in conto corrente, rappresentando invece – come affermato dalla convenuta- un modo di estinzione del debito, sempre liquido ed esigibile, rientrante nella normalità dei rapporti tra le parti ed in linea con la causa tipica del contratto di pegno.

 Sul punto, viene richiamata anche la giurisprudenza di legittimità e di merito, conforme all’adottato orientamento, allorquando afferma che “In tema di revocatoria fallimentare, la rimessa in conto corrente bancario effettuata con denaro proveniente dalla vendita di un bene costituito in pegno ormai consolidatosi in favore della stessa banca è revocabile, ai sensi dell’art. 67 (comma 2)della legge fall., non assumendo alcun rilievo la circostanza che il ricavato della vendita sia destinato a soddisfare un credito privilegiato, in quanto l'”eventus damni” deve considerarsi “in re ipsa“, consistendo nella lesione della “par condicio creditorum” ricollegabile all’uscita del bene dalla massa in forza dell’atto dispositivo, e non potendosi escludere “a priori” il pregiudizio delle ragioni di altri creditori privilegiati, insinuatisi in seguito al passivo” (così Cass. civ., sez. I, 26 febbraio 2010, n. 4785; Trib. Napoli, 11.11.2011, in www.iusletter.com ) .

Sulla base di tale corretto iter motivazionale, il Tribunale di Nola ha rigettato la domanda proposta dalla curatela con condanna al pagamento delle spese di lite.