DECRETO INGIUNTIVO: i presupposti per la concessione di un nuovo termine per la notifica

Procedimento patrocinato da DE SIMONE LAW FIRM

La rimessione in termini, di cui all’art. 153 comma 2 c.p.c. richiede la dimostrazione, ad opera della parte, che la decadenza sia stata determinata da una causa ad essa non imputabile, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà.

Questo il principio ripreso dal Tribunale di Napoli Nord, Giudice Felice Angelo Pizzi, con l’ordinanza del 3 febbraio 2020, resa nell’ambito di un procedimento monitorio a seguito dell’istanza di remissione in termini depositata da una Banca per omessa notifica del decreto ingiuntivo nel termine perentorio, in quanto i soggetti sono risultati sconosciuti all’indirizzo indicato.

Sul punto, il Tribunale ha ritenuto che in tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere di richiedere all’Ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie.

Nel caso di specie il tentativo di notifica del decreto ingiuntivo era stato effettuato dall’istituto di credito con ritardo, a causa della necessità della apposizione della formula esecutiva sul decreto ingiuntivo emesso provvisoriamente esecutivo e conseguentemente il Giudice ha rimesso in termini la Banca atteso che la decadenza era stata determinata da una causa ad essa non imputabile.


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ESECUZIONE FORZATA: la natura abusiva del bene non inficia in alcun modo la vendita forzata

La natura abusiva del bene, se limita la commerciabilità del cespite nei negozi di trasferimento di diritto privato, non inficia in alcun modo la pignorabilità dello stesso, né la vendita forzata. Le vicende legate ai profili urbanistici dell’immobile, infatti, non hanno incidenza alcuna sulla apposizione del vincolo pignoratizio e sulla delega delle operazioni di vendita. In altri termini, l’abusività del bene deve emergere ai meri fini di rendere noto lo status dell’immobile ai potenziali offerenti in sede di vendita e, a fortiori, all’aggiudicatario, ma non incide diversamente sulla assoggettabilità del bene al pignoramento.

Questo il principio ribadito dal Tribunale di Napoli, Giudice Mario Ciccarelli, con l’ordinanza del 26 febbraio 2020.

Nel caso in esame, un debitore esecutato ha chiesto la sospensione dell’esecuzione promossa in suo danno sulla base dell’abusività (e quindi l’incommerciabilità) dell’immobile pignorato e l’acquisizione dello stesso al patrimonio del Comune. L’istanza non è stata accolta.

Riguardo alla pignorabilità di un immobile abusivo, il Giudice dell’Esecuzione si è uniformato ad un orientamento ben consolidato in giurisprudenza, secondo il quale “le nullità previste dall’art. 40 della l. 47/1985 non si estendono ai trasferimenti derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali, di talché anche l’immobile abusivo non sanabile può costituire oggetto di vendita forzata, purché ciò sia dichiarato nel bando di vendita” (Cassazione civile, 11/10/2013, n. 23140). Lo stesso testo unico sull’edilizia ha confermato che la facoltà di sanatoria non è concessa all’acquirente in via automatica, ma è subordinata all’esistenza delle relative condizioni. Una comminatoria di nullità che si estendesse agli atti di trasferimento effettuati nell’ambito delle procedure esecutive individuali o concorsuali, piuttosto che rappresentare una sanzione nei confronti del proprietario dell’edificio abusivo, finirebbe – al contrario – per favorirlo, in pregiudizio dei creditori.

La natura abusiva del bene, se limita la commerciabilità del cespite nei negozi di trasferimento di diritto privato, non inficia in alcun modo la pignorabilità dello stesso, né la vendita forzata. Le vicende legate ai profili urbanistici dell’immobile, infatti, rilevano nella vendita forzata ai fini di cui all’art. 173 bis disp. att. c.p.c., ovvero sotto il profilo afferente alla relazione di stima del compendio pignorato, ma non hanno incidenza alcuna sulla apposizione del vincolo pignoratizio e sulla delega delle operazioni di vendita. In altri termini, l’abusività del bene deve emergere ai meri fini di rendere noto lo status dell’immobile ai potenziali offerenti in sede di vendita e, a fortiori, all’aggiudicatario, ma non incide diversamente sulla assoggettabilità del bene al pignoramento.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:

ASTE, L’IMMOBILE ABUSIVO PUO’ ESSERE VENDUTO
LA PROCEDURA CONSENTE LA COMMERCIABILITÀ PURCHÈ CI SIANO LE CONDIZIONI PER IL RILASCIO DELLA SANATORIA
Articolo Giuridico | Il Mattino, Legalmente | 23.02.2020
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/aste-limmobile-abusivo-puo-essere-venduto

IMMOBILE ABUSIVO: IMPIGNORABILE IN IPOTESI DI ACQUISIZIONE AL PATRIMONIO COMUNALE
SI REALIZZA UN ACQUISTO A TITOLO ORIGINARIO CHE LO TRASFORMA IRREVERSIBILMENTE IN RES EXTRA COMMERCIUM
Ordinanza | Corte di Cassazione, sez. sesta, sottosezione 3, Pres. Amendola – Rel. D’ Arrigo | 06.10.2017 | n.23453
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/immobile-abusivo-e-impignorabile-in-ipotesi-di-acquisizione-al-patrimonio-comunale

USURA: la commissione di anticipata estinzione del mutuo non va considerata ai fini del superamento del tasso soglia

La commissione di anticipata estinzione del mutuo va esclusa dal novero degli oneri computabili ai fini dell’accertamento della violazione della normativa antiusura. Tale commissione non può infatti farsi rientrare nel calcolo del tasso soglia, in quanto esborso conseguente all’esercizio del diritto potestativo del mutuatario (come tale rimesso al solo suo discrezionale esercizio) di estinguere il debito prima della sua naturale scadenza, e che pertanto non costituisce un costo “collegato alla erogazione del credito”, ai sensi dell’art. 644 c.p. e della legge 108/96.

Questo il principio espresso dal Tribunale di Cosenza, Giudice Carmen Misasi, con la sentenza n. 35 del 7 gennaio 2020.

Due mutuatari hanno convenuto in giudizio la banca con la quale hanno stipulato il contratto, lamentando l’usurarietà della clausola disciplinante l’estinzione anticipata del finanziamento e la indeterminatezza/indeterminabilità della convenzione degli interessi. Hanno quindi chiesto: dichiararsi la nullità del contratto per usurarietà della suddetta clausola, ex l.n. 108/796, l.n. 24/2001 e art. 644 c.p.. Si è costituito l’istituto di credito, contestando la fondatezza di quanto eccepito dagli attori.

Sul punto relativo ai costi di estinzione anticipata, ha aderito al diffuso orientamento giurisprudenziale di merito che esclude la commissione di anticipata estinzione del mutuo dal novero degli oneri computabili ai fini dell’accertamento della violazione della normativa antiusura. Tale commissione non può infatti farsi rientrare nel calcolo del tasso soglia, in quanto esborso conseguente all’esercizio del diritto potestativo del mutuatario (come tale rimesso al solo suo discrezionale esercizio) di estinguere il debito prima della sua naturale scadenza, e che pertanto non costituisce un costo “collegato alla erogazione del credito”, ai sensi dell’art. 644 c.p. e della legge 108/96.

Al riguardo il Giudicante ha evidenziato che il principio della onnicomprensività dell’interesse espresso dalla normativa richiamata mira ad evitare l’aggiramento del divieto di usura attraverso l’imputazione di somme, invece che a capitale ed interessi, a spese varie, ma deve trattarsi comunque di componenti remunerative del credito, tra cui non può annoverarsi la commissione di estinzione anticipata, che costituisce un esborso eventuale, ricollegata ad una libera opzione del mutuatario di sciogliersi dal contratto prima della sua scadenza e funzionale ad indennizzare il mutuante dai costi (in termini di mancato guadagno) collegati a tale scelta, alla stregua della multa poenitentialis ex art. 1373 c.c..

Pertanto il Giudice ha ritenuto infondata la domanda attorea, compensando le spese per metà e condannando gli attori al pagamento della residua metà in favore della banca convenuta.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:

USURA: IRRILEVANTE LA PENALE DI ESTINZIONE ANTICIPATA AI FINI DEL SUPERAMENTO DELLA SOGLIA
È UNA PRESTAZIONE ALTERNATIVA AL PAGAMENTO DEGLI INTERESSI CORRISPETTIVI
Sentenza | Tribunale di Modena, Giudice Martina Grandi | 27.06.2019 | n.1034
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-irrilevante-la-penale-di-estinzione-anticipata-ai-fini-del-superamento-della-soglia

 

USURA – PENALE ESTINZIONE ANTICIPATA: NON VA CONSIDERATA AI FINI DEL SUPERAMENTO DEL TASSO SOGLIA
RAPPRESENTA UNA SPESA DI NATURA STRAORDINARIA EVENTUALE
Sentenza | Tribunale di Parma, Giudice Antonella Ioffredi | 20.03.2019 | n.461
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-penale-estinzione-anticipata-non-va-considerata-ai-fini-del-superamento-del-tasso-soglia

 

PENALE ESTINZIONE ANTICIPATA: NON VA INCLUSA TRA GLI ONERI PER VERIFICA SUPERAMENTO TSU
DETERMINEREBBE UNA “SOMMATORIA TASSI” ILLEGITTIMA PER ETEROGENEITÀ DEI COSTI
Sentenza | Tribunale di Lanciano, Giudice Cleonice Gabriella Cordisco | 11.01.2018 | n.4
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/penale-estinzione-anticipata-non-va-incluso-tra-gli-oneri-per-verifica-superamento-tsu