RESPONSABILITÀ DEL NOTAIO – MUTUO IPOTECARIO – USI CIVICI – RISARCIMENTO DEL DANNO

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

Testo massima

Il notaio che stipula il contratto di mutuo garantito da iscrizione ipotecaria su un immobile gravato da usi civici è tenuto a risarcire il danno alla banca per irrecuperabilità del credito, avendo agito con negligenza o imprudenza per omessa consultazione dell’ufficio usi civici della Regione prima del rogito e, cioè, in violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi dell’art.1176, comma 2, cc, rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve.
Il danno andrà liquidato in misura pari all’intero ammontare del credito rimasto insoluto con la rivalutazione all’attualità operata sulla base dell’indice ISTAT delle variazioni dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai.
Così si è pronunziato il Tribunale di Napoli, sezione ottava, Giudice dott. FRANCESCO GRAZIANO con sentenza del 6 marzo 2014, che ha accolto la domanda risarcitoria proposta da una banca a carico di un notaio, che aveva stipulato il contratto di mutuo garantito da iscrizione ipotecaria su un immobile risultato poi gravato da usi civici.
Nel corso del giudizio, la banca provava documentalmente l’impossibilità di agire esecutivamente per il recupero del credito erogato con il contratto di mutuo ipotecario stante l’intervenuta estinzione della promossa procedura esecutiva a causa della rilevata esistenza di usi civici sull’immobile, chiedendo al notaio rogante il risarcimento del danno patrimoniale per l’omessa consultazione dell’ufficio degli usi civici.
Nel caso di specie, il Giudice ha ritenuto sussistente il nesso causale tra la condotta omissiva, (ascritta dalla banca al notaio) e il danno cagionato all’istituto, accertamento effettuato utilizzando i criteri logici sanciti dalla giurisprudenza di legittimità, in materia di interpretazione degli artt. 40 e 41 cp, (norme applicabili anche in sede civile), così riassumibili:
1) per quanto attiene all’accertamento del nesso causale tra omissione e danno, resta valido il ricorso al “giudizio controfattuale“, ossia a quella particolare astrazione consistente nell’ipotizzare quali sarebbero state le conseguenze della condotta alternativa corretta, omessa dal professionista;
2) per quanto attiene al grado di probabilità, in base al quale stabilire astrattamente se l’effettuazione della condotta omessa avrebbe evitato il pregiudizio, occorre avere riguardo non già alla mera “probabilità statistica“, ma al differente concetto di “probabilità logica“, la quale deve essere prossima alla certezza;
3) la “probabilità logica“, a sua volta, va accertata confrontando le probabilità statistiche di successo della condotta omessa con tutte le circostanze del caso concreto, quali risultanti dal materiale probatorio raccolto.
Utilizzando tali criteri, il Tribunale ha evidenziato come la sussistenza degli usi civici ben avrebbe potuto essere rilevata dal Notaio mediante la debita consultazione dell’ufficio usi civici della Regione, attività che, se espletata, poteva consentire alla banca di essere informata in merito all’esistenza della formalità pregiudizievole.
Nella sentenza de quo sono stati dottamente evidenziati, anche con un pluralità di richiami giurisprudenziali, i principi che governano la responsabilità professionale del notaio così sintetizzabili:
1) il notaio è tenuto ad espletare l’incarico che le parti gli affidano con la diligenza media di un professionista sufficientemente preparato e avveduto, secondo quanto dispone l’art. 1176, comma secondo, cod. civ. (Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 2000, n. 566);
2) l’attività del notaio non può essere ridotta al mero accertamento della volontà delle parti ed alla direzione e compilazione dell’atto, ma si estende alle attività accessorie, preparatorie e successive necessarie per assicurare la serietà e correttezza dell’atto stesso (Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 2006, n. 264; Tribunale di Bari, sez. civ. I, 14 settembre 2010, n. 2800);
3) ergo, per il notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto pubblico nel quale vengano in rilievo diritti reali su beni immobili, la preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene e, più in generale, delle risultanze dei registri immobiliari attraverso l’espletamento di visure, nonché l’informativa del cliente sul suo esito e, nell’ipotesi di constatazione di presenza di iscrizioni pregiudizievoli, la dissuasione del cliente dalla stipula dell’atto, fanno parte dell’oggetto della prestazione d’opera professionale; con la conseguenza che l’inosservanza di detti obblighi dà luogo a responsabilità contrattuale per inadempimento del contratto di prestazione d’opera professionale, a nulla rilevando che la legge professionale non faccia riferimento a tale responsabilità, posto che essa si fonda sul contratto di prestazione d’opera professionale e sulle norme che disciplinano tale rapporto privatistico (Cass. civ., sez. III, 15 giugno 1999, n. 5946; Cass. civ., sez. I, 24 settembre 1999, n. 10493).
Per effetto di tale ricostruzione sistematica è evidente che l’ordinamento giuridico affida al notaio la funzione di dare certezza nei rapporti giuridici, anche mediante l’espletamento di INDAGINI DILIGENTI, direttamente proporzionate alla professionalità da rapportarsi alla natura dell’attività esercitata in considerazione dell’affare oggetto di rogito.
COMMENTO
Alla luce della evidenziata sentenza è stato cristallizzato il principio di diritto secondo il quale il notaio, incaricato della stipula di un contratto di finanziamento ipotecario, ha non solo l’obbligo giuridico di consultare i registri immobiliari onde individuare le formalità antecedenti il ventennio ma anche l’ufficio usi civici della Regione, peraltro facilmente accessibile mediante l’invio di una semplice missiva.
La mancata consultazione dell’ufficio usi civici della Regione viene di fatto parificata all’omesso espletamento delle visure immobiliari, con diretta responsabilità del professionista per il danno cagionato.
PRECEDENTI
Si segnalano le altre decisioni oggetto di commento in materia di responsabilità professionale del notaio.
NOTAIO ROGANTE: RESPONSABILITÀ NELL’ESECUZIONE DEL CONTRATTO DI PRESTAZIONE PROFESSIONALE
L’OPERA DEL NOTAIO DEVE ESTENDERSI A TUTTE QUELLE ATTIVITÀ DIRETTE AD ASSICURARE LA SERIETÀ E CERTEZZA DELL’ATTO GIURIDICO POSTO IN ESSERE TRA LE QUALI È COMPRESA LA ATTIVITÀ DI CONSULENZA IN RELAZIONE ALLO SCOPO TIPICO DELL’ATTO.
RESPONSABILITÀ DEL NOTAIO: AMMESSO IL RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA
IL NOTAIO CHE OMETTE DI COMUNICARE L’ESISTENZA DI PRECEDENTI ISCRIZIONI IPOTECARIE PUÒ ESSERE CONDANNATO ALLA CANCELLAZIONE DELLE STESSE
BANCARIO: IPOTECA ERRATA = NOTAIO CONDANNATO
BANCARIO: IPOTECA ERRATA= NOTAIO CONDANNATO DEVE FORNIRE UNA PRESTAZIONE CHE COMPRENDE E SI ESTENDE A TUTTE LE INCOMBENZE PRELIMINARI E AGGIUNTIVE ANCHE PREPARATORIE ALL’ATTO RICHIESTO
NOTAIO: È ESCLUSA LA RESPONSABILITÀ PER ESONERO E PER CONCORDE VOLONTÀ DELLE PARTI
IL NOTAIO DEVE INFORMARE LE PARTI ANCHE PER LA SOLA AUTENTICAZIONE DI UNA SCRITTURA PRIVATA RELATIVA ALL’ACQUISTO DI UN IMMOBILE
 
RESPONSABILITÁ DEL NOTAIO: ESCLUSA SE L’ACQUIRENTE NON CHIEDE CHIARIMENTI
COMPRAVENDITA DI IMMOBILE LIBERO DA PESI, VINCOLI ED IPOTECHE “SALVO UNA FORMALITÀ”: L’ESPRESSIONE È CHIARA PERCIÒ IL NOTAIO NON HA COLPE
RESPONSABILITÀ DEL NOTAIO PER OMESSA VISURA
SE IL PREZZO DELL’IMMOBILE È GIÀ STATO VERSATO IN SEDE DI PRELIMINARE L’OBBLIGO RISARCITORIO DEL NOTAIO È LIMITATO ALLE SPESE DEL ROGITO
NOTAIO: L’ESONERO DALLE VISURE NON ESCLUDE LA SUA RESPONSABILITÀ
IL NOTAIO ANCHE SE ESONERATO DALLE VISURE RISPONDE EX CONTRACTU PER INADEMPIMENTO DELLA OBBLIGAZIONE DI PRESTAZIONE DI OPERA INTELLETTUALE
NOTAIO: CONDANNATO AL RISARCIMENTO IN VIA EQUITATIVA PER AVER DETERMINATO LA PERDITA DEL DIRITTO IPOTECARIO
LA LIQUIDAZIONE DEL DANNO AVVIENE SECONDO UNA VALUTAZIONE EQUITATIVA DEL GIUDICE EX ART.1226 SECONDO IL VALORE MEDIO DELL’IMMOBILE.
MUTUO: DATI CATASTALI ERRATI, NOTAIO CONDANNATO AL RISARCIMENTO
LA PREVENTIVA VERIFICA DELLE RISULTANZE DEI REGISTRI IMMOBILIARI COSTITUISCE OBBLIGO DERIVANTE DALL’INCARICO CONFERITOGLI DAL CLIENTE

Testo del provvedimento

NOTAIO: responsabile per mancato rilievo di usi civici per i contratti di mutuo ipotecari

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

Testo massima

Il notaio è tenuto a compiere le attività necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti con la stipulazione del contratto, tra cui effettuare le visure catastali ed ipotecarie nonché la consultazione dell’Ufficio Usi Civici, onde individuare esattamente il bene e verificarne la libertà.
IL CASO
Così si è espresso il Tribunale di Napoli, in persona del dott. Francesco Graziano, con la sentenza del 16 ottobre 2014 in materia di responsabilità professionale del notaio.
Nel caso di specie, una banca concludeva un contratto di mutuo ipotecario prevedendo – secondo uno schema legalmente atipico, ma divenuto ormai socialmente tipico – che la somma erogata alla parte mutuataria dovesse essere consegnata a quest’ultima successivamente all’iscrizione ipotecaria di primo grado, tanto che all’art. 5 del rogito notarile era espressamente contemplata la dichiarazione della parte mutuataria circa l’insussistenza di trascrizioni pregiudizievoli, vincoli o pesi che potessero “pregiudicare o diminuire la garanzia ipotecaria concessa a fronte del finanziamento“.
Tuttavia, il notaio rogante ometteva di effettuare le indagini catastali storiche sull’immobile sul quale in realtà sussistevano usi civici tali da renderlo addirittura insuscettibile di pignoramento e (conseguentemente) incommerciabile.
L’istituto di credito, così, agiva giudizialmente contro il notaio deducendo che, se il notaio avesse debitamente consultato l’ufficio competente, l’istituto di credito erogante il mutuo sarebbe stato certamente informato circa l’esistenza della formalità pregiudizievole, ed avrebbe potuto scegliere di non erogare il mutuo, ovvero pretendere altre garanzie.
Infatti, poiché costituisce un fatto notorio che qualsiasi ente creditizio presta sempre somma attenzione, prima di erogare qualsiasi finanziamento, alle concrete possibilità che il debitore sia in grado di restituire capitale ed interessi, è ragionevole ritenere, ex art. 2727 cod. civ., che nessun istituto di credito avrebbe accettato, a garanzia del finanziamento erogato, l’iscrizione di una ipoteca su un fondo impignorabile ed inalienabile.
IL COMMENTO
Secondo il Tribunale il notaio rogante, ove richiesto della stipulazione di un contratto di mutuo ipotecario, è tenuto al compimento delle attività accessorie e successive necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti, e in particolare all’effettuazione delle c.d. visure catastali e ipotecarie, allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà.
L’obbligazione professionale di cui è richiesto il notaio non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di direzione nella compilazione dell’atto ma si estende alle attività preparatorie e successive perché sia assicurata la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto e del risultato pratico perseguito dalle parti.
Né il notaio, in relazione all’inadempimento dell’obbligazione “de qua”, può invocare la limitazione di responsabilità prevista per il professionista dall’art. 2236 c.c., con riferimento al caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, in quanto l’inosservanza in questione, non è riconducibile ad un’ipotesi di imperizia, cui si applica quella limitazione, ma a negligenza o imprudenza, cioè alla violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi dell’art. 1176, comma 2 , c.c., rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve.” (cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 2006, n. 264; Tribunale di Bari, sez. civ. I, 14 settembre 2010, n. 2800).
La pronuncia in commento appare particolarmente interessante in quanto ricostruisce in modo puntuale i principi che regolano la responsabilità professionale del notaio alla luce del costante orientamento del giudice di legittimità nonché della gran parte della giurisprudenza di merito.
In particolare, il Giudice afferma che: “1) il notaio è tenuto ad espletare l’incarico che le parti gli affidano con la diligenza media di un professionista sufficientemente preparato e avveduto, secondo quanto dispone l’art. 1176, comma secondo, cod. civ. (Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 2000, n. 566); 2) l’attività del notaio non può essere ridotta al mero accertamento della volontà delle parti ed alla direzione e compilazione dell’atto, ma si estende alle attività accessorie, preparatorie e successive necessarie per assicurare la serietà e correttezza dell’atto stesso (Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 2006, n. 264; Tribunale di Bari, sez. civ. I, 14 settembre 2010, n. 2800); 3) ergo, per il notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto pubblico nel quale vengano in rilievo diritti reali su beni immobili, la preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene e, più in generale, delle risultanze dei registri immobiliari attraverso la loro visura, nonché l’informativa del cliente sul suo esito e, nell’ipotesi di constatazione di presenza di iscrizioni pregiudizievoli, la dissuasione del cliente dalla stipula dell’atto, fanno parte dell’oggetto della prestazione d’opera professionale; con la conseguenza che l’inosservanza di detti obblighi dà luogo a responsabilità contrattuale per inadempimento del contratto di prestazione d’opera professionale, a nulla rilevando che la legge professionale non faccia riferimento a tale responsabilità, posto che essa si fonda sul contratto di prestazione d’opera professionale e sulle norme che disciplinano tale rapporto privatistico (Cass. civ., sez. III, 15 giugno 1999, n. 5946; Cass. civ., sez. I, 24 settembre 1999, n. 10493)“.
Pertanto, rilevato che nel caso di specie risultava per tabulas che il fondo concesso in garanzia era in realtà era gravato da usi civici il Giudice ha correttamente ritenuto provata la colpa omissiva del professionista.
Infatti, per consolidata giurisprudenza di legittimità, nel giudizio di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale è onere dell’attore dimostrare unicamente l’esistenza e l’efficacia del contratto, mentre è onere del convenuto dimostrare di avere adempiuto, ovvero che l’inadempimento non è dipeso da propria colpa (cfr., all’uopo, Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533).
Nel caso di specie, non solo il professionista convenuto non aveva superato l’onere posto suo carico dall’articolo 1218 cod. civ., ma, al contrario, la disamina della documentazione prodotta in giudizio e delle sue difese aveva permesso, invece, di ritenere integrata la prova positiva della negligenza del notaio.
In conclusione, il Tribunale ha condannato il professionista negligente al pagamento, in favore della banca, della somma complessiva di euro 74.632,00 a titolo di risarcimento danni, oltre interessi legali nonché alla refusione delle spese di giudizio liquidate in euro 7.500,00.
Oramai, sono tre le decisioni che codificano quale causa di responsabilità professionale del notaio l’omessa consultazione dell’Ufficio relativo agli usi civici.
La giurisprudenza ha, quindi, recepito il principio secondo cui il notaio prima di rogare un atto pubblico di trasferimento immobiliare ha l’onere di procedere non solo alla consultazione dei registri ipotecari, ma anche dei registri pubblici presso l’Ufficio Usi Civici.
Per approfondimenti sul punto si segnalano i seguenti precedenti giurisprudenziali:

 

Testo del provvedimento

ESECUZIONE FORZATA: l’azione risarcitoria del creditore in danno del professionista delegato per appropriazione indebita del ricavato

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

Testo massima

LE MASSIME
Il professionista delegato per la vendita di un immobile agisce quale “longa manus” del Tribunale, in quanto la delega attribuisce al designato la legittimazione all’esercizio di poteri e funzioni spettanti al Giudice e pertanto arreca un danno economico all’Amministrazione della Giustizia ove si appropri dolosamente delle somme frutto delle esecuzioni immobiliari, che sebbene formalmente appartenenti al debitore esecutato, sono vincolate alla procedura esecutiva e perciò stesso trattenute fino alla fase distributiva nella piena consapevolezza di avere in custodia denaro altrui (debitore, creditore, Stato).
 
In tale veste, il notaio delegato differisce nettamente dalla figura dell’ausiliario ex art. 68 cpc, atteso che nell’incarico di delega non è ravvisabile un mero rapporto accessorio, collaterale ed occasionale, bensì una autentica sostituzione nell’attività del giudice dell’esecuzione giuridicamente qualificabile in termini di “delega sostitutiva”, in virtù della quale il delegato è tenuto al compimento di atti i quali, se la delega non fosse intervenuta, spetterebbero al giudice dell’esecuzione. Ne discende la configurazione di un rapporto di servizio tra il professionista e l’amministrazione statale della giustizia, che nella giurisprudenza della Corte dei Conti si traduce nella ravvisabilità di ipotesi di danno erariale e, più in generale, nella qualificazione del delegato quale pubblico ufficiale.
 
Da tale rapporto di servizio deriva la necessità di configurare – in sede civile – come contrattuale la responsabilità del notaio delegato verso i creditori procedenti o intervenuti, anche in considerazione della circostanza che il professionista, pur essendo un pubblico ufficiale, resta un soggetto privato che svolge un’attività professionale ai sensi degli artt. 2229 e ss. cc.
Ne consegue che il notaio delegato deve adempiere ed operare in ordine alla delega con la diligenza qualificata richiesta dalla funzione ex art. 1176 cc, non trascurando che la responsabilità può sussistere anche in caso di colpa lieve, in ragione della capacità stessa del professionista (molto elevata in relazione alle attività di vendita, che non richiedono una particolare competenza tecnica).
 
È direttamente responsabile verso i creditori della procedura il notaio che abbia omesso di vigilare sull’operato dei suoi collaboratori, consentendo a questi ultimi di operare su libretti di deposito nominativi a lui intestati per la gestione del denaro afferente alle procedure esecutive, rispondendo anche dei fatti dolosi o colposi di costoro, secondo le regole di cui all’art. 1228 cc.
 
Né vale ad escludere la responsabilità diretta del notaio la condotta della Banca depositaria, la quale abbia omesso di verificare con la dovuta diligenza la legittimazione del collaboratore al prelievo del denaro dai libretti intestati al notaio, in quanto la mancata custodia e vigilanza da parte di quest’ultimo si pone quale antecedente logico necessario al prodursi dell’evento dannoso.
IL CASO 
Sono questi gli principi espressi dal Tribunale di Avellino, in persona del Giudice Maria Cristina Rizzi, con la sentenza del 5 febbraio 2016, che ha risolto un peculiare caso di responsabilità del professionista delegato in una procedura esecutiva immobiliare, per omessa vigilanza sull’attività dei propri collaboratori.
In particolare è accaduto che una Banca, creditore procedente in una procedura esecutiva immobiliare presso il Tribunale di Avellino, all’esito dell’approvazione del progetto di distribuzione, apprendeva dal professionista delegato alla vendita che le somme ricavate erano state illecitamente prelevate da un collaboratore del suo studio, motivo per il quale il creditore promuoveva azione risarcitoria in danno del notaio, per il negligente espletamento delle attività a questo delegate dal Tribunale, reclamando la condanna del predetto al pagamento di una somma pari al credito vantato nella relativa procedura.
Il notaio, tempestivamente costituitosi, respingeva ogni addebito, deducendo di essere stato egli stesso vittima di raggiri posti in essere dal collaboratore infedele, chiamando in giudizio (in manleva) a sia il professionista “colpevole”, sia la Banca depositaria del denaro illecitamente prelevato, nonché l’assicurazione professionale.
Nel corso della – complessa – istruttoria, è emerso chiaramente che il notaio aveva provveduto ad aprire vari libretti nominativi, nei quali faceva confluire gli importi riferibili a diverse procedure esecutive già in tal modo creando una iniziale promiscuità che rendeva meno trasparente la gestione delle procedure, impedendo di avere immediatamente chiaro lo stato di avanzamento di ogni singola procedura.
Il professionista aveva poi incautamente custodito i libretti, consentendo – per ben quattro anni – al proprio collaboratore di avere accesso agli stessi e di recarsi presso la banca depositaria, laddove consegnava abitualmente “una distinta di versamento o prelievo, già compilata e già firmata dal notaio che veniva portata a mano dal delegato allo sportello”.
Il Tribunale, premessa la corretta configurazione del rapporto tra l’Autorità Giudiziaria ed il notaio delegato quale vera e propria “sostituzione” del secondo alla prima, tale da far discendere in capo al professionista la qualifica di pubblico ufficiale e la conseguente responsabilità per danno erariale (profilo che non rileva direttamente ai fini della causa de qua), ha correttamente inquadrato la responsabilità del professionista delegato verso i creditori come contrattuale (e non extracontrattuale qual è quella degli ausiliari del giudice ex art. 68 cpc).
Peraltro il professionista delegato, pur essendo un pubblico ufficiale, resta un soggetto privato che svolge un’attività professionale ai sensi degli artt.2229 e ss. c.c. “pertanto la delega potrebbe dar vita ad un rapporto analogo a quello che nasce dal contratto d’opera professionale (cosi già Trib. Avellino, ord. 17.10.2012, dott.ssa Di Paolo).
 
Ne consegue che il notaio delegato deve adempiere ed operare in ordine alla delega con la diligenza qualificata richiesta dalla funzione ex art. 1176 c.c. (art. 1176 comma 2 c.c.: nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata).
 
Né è di ostacolo il rilievo che secondo tale ricostruzione il rapporto si instaura solo con il giudice (che formalmente delega il notaio) alla luce della nota espansione della responsabilità da contatto”.
Parametrando poi la complessità delle attività di vendita alla competenza (elevata) del notaio, il Giudice ha ritenuto configurabile la responsabilità del professionista anche in caso di colpa lieve.
Nel caso di specie, la peculiarità della condotta del terzo (collaboratore di studio del notaio), benché pacificamente illecita ed in attesa di definizione in sede penale, non è valsa ad escludere la responsabilità diretta del professionista delegato, per vari ordini di ragioni.
In primis, il Tribunale ha notato che, ai sensi dell’art. 1228 cc, salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti doloso o colposi di costoro.
Mentre il comportamento dei terzi deve essere doloso o quantomeno colposo, il debitore risponde, infatti, della loro condotta per il solo fatto di essersi avvalso della loro opera.
Come chiarito dalla Cassazione nella sentenza del 1998, n. 11284, il notaio è obbligato ad eseguire personalmente l’incarico assunto – ed è perciò responsabile, ai sensi dell’art. 1228 cc, dei sostituti ed ausiliari di cui si avvale – con la specifica diligenza e perizia dovute per la professione che esercita, avuto riguardo al raggiungimento del risultato pratico perseguito.
La sua responsabilità rimane, dunque, sempre personale in difetto di mancata sorveglianza dell’operato del dipendente e discende direttamente del disposto di cui all’art. 1228 cc.
Nel caso di specie, poi, è apparsa evidente l’impossibilità di ritenere interrotto il nesso eziologico tra la condotta del notaio ed il danno patito dal creditore, in considerazione del fatto che la condotta del collaboratore “infedele” dovesse ritenersi prevedibile e prevenibile, non costituendo al contrario un fatto eziologico eccezionale, cui riconoscere la efficacia di causa sopravvenuta capace di ridurre la precedente condotta illegittima del notaio al rango di semplice occasione.
Sottolinea infatti il Tribunale: “è pacifico in giurisprudenza che la utilizzazione fraudolenta di un libretto di deposito da parte di chi lo detenga, senza esserne titolare e senza essere soggetto ad alcuna forma di controllo da parte del titolare (cui potremmo aggiungere la assenza di delega ad operare), non rappresenta affatto un avvenimento al di fuori della sfera di prevedibilità e prevenibilità di chi dovrebbe curare personalmente la custodia, la violazione del rapporto fiduciario essendo fenomeno abbastanza diffuso che induce di norma le persone prudenti ad evitare di affidare a terzi valori di cui questi, anche se con delle forzature, possono appropriarsi”.
Analogamente, in termini di concausa – e non di causa idonea ad interrompere la serie eziologica – è stata valutata la condotta della Banca depositaria, la quale aveva consentito al collaboratore “infedele” di prelevare ripetutamente le somme dai libretti intestati al notaio, pur essendo acclarata in sede di consulenza tecnica l’assenza di un rapporto di delega “a monte” e/o di singole deleghe “a valle”.
La mancata custodia e vigilanza da parte del notaio si pone, infatti, quale antecedente logico necessario al prodursi dell’evento dannoso.
Il Tribunale, quindi, ha accolto la domanda risarcitoria del creditore, condannando in solido il professionista delegato, il collaboratore e la banca depositaria al pagamento della somma che al creditore procedente sarebbe spettata in virtù del progetto di distribuzione, oltre spese di lite e manlevando il notaio che aveva chiamato in causa l’assicurazione professionale, al netto della franchigia contrattualmente prevista.
IL COMMENTO
La sentenza in esame presenta diversi profili di rilevante interesse, sia per la configurazione della responsabilità diretta del delegato, sia per l’approfondita ricostruzione dei rapporti tra l’attività del professionista e quella dei propri collaboratori, nonché per la puntuale analisi dell’incidenza delle concause e della ripartizione delle responsabilità.
Resta aperto il discorso – evidentemente fuori dalla cognizione del Giudice ordinario – del peculiare atteggiarsi del rapporto di servizio tra il delegato e l’amministrazione della giustizia, richiamato dal Tribunale come fonte di responsabilità erariale (ma al solo fine di differenziare in sede civile la posizione del professionista delegato da quella degli altri ausiliari ex art. 68 cpc), e se – ed in che termini – tale responsabilità possa comunicarsi all’organo delegante in presenza di ripetute condotte illecite da parte del delegato (o di un suo collaboratore).

Testo del provvedimento

NOTAIO: condanna in forma specifica per omessa rilevazione d’ipoteca

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

Il Notaio pur essendo per legge tenuto allo svolgimento delle sue funzioni, in ragione della natura di servizio pubblico delle attività e prestazioni da esso eseguite, risponde a titolo di responsabilità contrattuale dell’eventuale inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto d’opera professionale stipulato con il cliente.

Il Notaio deve fare tutto quanto è dovuto al fine di redigere un atto da cui risulti effettivamente la liberazione da ogni vincolo dell’immobile oggetto della compravendita, ossia è il Notaio e non altri a dovere rispondere del suo inadempimento.

Dall’art. 1176, II co., c.c., consegue che l’opera professionale del Notaio non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di direzione nella compilazione dell’atto, ma si estende alle attività preparatorie e successive perché sia assicurata la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto e del risultato pratico perseguito dalle parti.

In caso di omessa rilevazione di una formalità pregiudizievole è possibile conseguire la  condanna al risarcimento in forma specifica, con ordine del Notaio alla relativa cancellazione  della formalità non rilevata.

Questi principi espressi dal Tribunale di Napoli, Dott.ssa Renata Palmieri, con la sentenza n. 1007 del 21.01.2015.

L’acquirente di un immobile proponeva azione di risarcimento danni per responsabilità professionale nei confronti del Notaio rogante l’atto di vendita, atteso che, lo stesso, aveva omesso di rilevare che il cespite oggetto di stipula, era in realtà gravato da un’ipoteca giudiziale, pertanto, lamentava la violazione degli artt. 1176 comma 2 e 2236 c.c. da parte del professionista.

Il Notaio convenuto si costituiva in giudizio, contestando la fondatezza della domanda attorea, chiedendo di essere autorizzato a chiamare in causa la compagnia assicurativa con la quale aveva stipulato una polizza per la responsabilità civile.

Si costituiva, quindi, la compagnia chiamata in causa, eccependo tre l’altro l’infondatezza dell’azione, nonché l’inoperatività della garanzia per essere state omesse nel caso specifico le visure ipotecarie.

Il Tribunale adito sottolineava come, già da tempo, la giurisprudenza di legittimità avesse chiarito che il Notaio, pur essendo per legge tenuto allo svolgimento delle sue funzioni, in ragione della natura di servizio pubblico delle attività e prestazioni da esso eseguite, rispondesse a titolo di responsabilità contrattuale dell’eventuale inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto d’opera professionale stipulato con il cliente.

Il professionista, infatti, è tenuto a svolgere ex art. 1176 c.c. secondo comma, la sua attività utilizzando la diligenza ordinaria media, rapportata alla natura della prestazione.

Tale normativa va ad integrare il contratto d’opera professionale operante tra il Notaio e il cliente, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1374 c.c., ponendo a carico del professionista rogante una serie di obblighi accessori, che pur non espressamente previsti dal contratto, scaturiscono, proprio, dal dovere di agire secondo diligenza.

Quindi, dall’obbligo posto dall’art. 1176 c.c. secondo comma, consegue che l’opera professionale del Notaio non può ridursi ad un mero accertamento della volontà delle parti e direzione delle stesse nella compilazione dell’atto, ma si deve estendere anche alle attività preparatorie e successive perché sia assicurata la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto e del risultato pratico perseguito dalle parti.

Pertanto, quand’anche il Notaio sia stato esonerato dalle visure, essendo comunque tenuto all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata e della buona fede, qualora non osservi i suddetti obblighi, risponde “ex contractu”.

Nella specie, il giudicante, dal momento che riteneva pienamente provata dalla documentazione allegata dall’acquirente, l’esistenza di un’ipoteca giudiziale precedente alla stipula dell’atto, riteneva che il Notaio, aveva colpevolmente omesso di effettuare le necessarie visure ipocatastali, circostanza dalla quale scaturiva la sua responsabilità contrattuale.

Affermava, inoltre, che seppure nel contratto di compravendita immobiliare l’alienante aveva dichiarato, ingannevolmente, che il cespite era libero da pesi, censi, canoni, oneri, iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, la responsabilità del professionista non poteva ritenersi un alcun ritenersi attenuata.

Su questo aspetto la giurisprudenza di legittimità, infatti, ha più volte chiarito che la responsabilità del Notaio per mancata o inesatta effettuazione delle visure ipocatastali non risulta esclusa o attenuata dal fatto che la parte venditrice abbia ingannevolmente dichiarato in atto la libertà dell’immobile da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, invero, l’obbligo di procedere al preventivo accertamento della libertà del bene, mediante le visure ipotecarie o catastali, non è subordinato al conferimento di uno specifico incarico, ma rientra nei doveri professionali del Notaio incaricato della preparazione e della stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare.

Ancora, relativamente al quantum debeatur, precisava che per determinare l’ammontare del risarcimento in tema di responsabilità notarile da omesse visure, è possibile anche la condanna al risarcimento in forma specifica.

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale riteneva sussistente la responsabilità professionale del Notaio condannandolo a procedere alla cancellazione dell’ipoteca.

Per ulteriori approfondimenti si veda:

RESPONSABILITA’ NOTAIO: LE CONSEGUENZE PER INESATTEZZA DEI DATI ANAGRAFICI PER I MUTUI IPOTECARI

NON È POSSIBILE PROCEDERE ALLA ISCRIZIONE SUPPLETIVA O IN RETTIFICA

Sentenza Corte di Appello di Napoli, sez. terza, Pres. Giordano – Rel. Mondo 12-11-2014 n.4503

NOTAIO: RESPONSABILE PER MANCATO RILIEVO DI USI CIVICI PER I CONTRATTI DI MUTUO IPOTECARI

LA CONDOTTA NEGLIGENTE È DETERMINATA DALL’OMESSA CONSULTAZIONE DELL’UFFICIO USI CIVICI

Sentenza | Tribunale di Napoli, dott. Francesco Graziano | 16-10-2014

RESPONSABILITÀ DEL NOTAIO: È DOVERE DEL PROFESSIONISTA INFORMARE IL CLIENTE DI EVENTUALI VIZI SULL’IMMOBILE

LA PREPARAZIONE DELL’ATTO PUBBLICO RICHIEDE UNA PREVENTIVA VERIFICA DEL BENE IMMOBILE E TALE DOVERE GRAVA SUL NOTAIO ROGANTE

Sentenza | Cassazione Civile, Terza Sezione | 26-08-2014 | n. 18244


 

REVOCATORIA: negli atti a titolo gratuito l’eventus damni coincide con generica lesione garanzie patrimoniali

Procedimento patrocinato da DE SIMONE LAW FIRM 

Negli atti a titolo gratuito il requisito oggettivo del c.d. eventus damni deve essere ritenuto sussistente allorquando l’atto dispositivo del debitore abbia determinato maggiore difficoltà od incertezza nell’esazione coattiva del credito, potendo siffatto pregiudizio consistere in una variazione quantitativa o anche qualitativa del patrimonio del debitore.

In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del fatto costitutivo del diritto fatto valere, mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento.

Questi i principi espressi dal Tribunale di Torre Annunziata, Dott. Gian Piero Vitale con sentenza del 21.02.2017 n.559.

Nel caso di specie una Banca conveniva in giudizio un debitore promuovendo domanda di accertamento del credito e azione di revocazione ex art.2901 c.c. dell’atto dispositivo a titolo gratuito posto in essere dal convenuto su beni immobili di sua proprietà, fornendo prova dell’esistenza del credito vantato nei confronti del convenuto.

Il convenuto rimaneva contumace.

Il giudice riteneva fondata e legittimata l’azione di revocatoria promossa dall’attrice sulla base dell’esistenza di una semplice ragione di credito e non necessariamente di un credito certo, liquido ed esigibile accertato in sede giudiziale.

Sotto il profilo probatorio si osservava che il carattere lesivo dell’atto dispositivo impugnato si desumesse pacificamente dalla indubbia variazione del patrimonio del debitore donante, dato che attraverso l’atto di donazione il convenuto si spogliava della titolarità degli immobili di cui era proprietario, pertanto non più sottoponibili ad azione esecutiva ex parte attrice creditrice, con l’ ulteriore conseguenza di dover ritenere sussistente la consapevolezza del debitore di precludere o rendere difficile l’attivazione coattiva del credito.

Il giudicante dichiarava, quindi, inefficace l’atto dispositivo impugnato dalla banca, ovvero l’atto di donazione rogato, atteso che l’azione revocatoria avente ad oggetto un atto a titolo gratuito non postula che il pregiudizio arrecato alle ragioni dei creditori istanti sia conosciuto oltreché dal debitore donante anche dal terzo beneficiario, trattandosi di requisito richiesto solo per la diversa ipotesi degli atti a titolo oneroso, considerando che ai sensi dell’art. 2901 c.c. comma 1, è sufficiente la semplice consapevolezza nel debitore alienante di ledere le ragioni dei creditori.

Sulla base di quanto suesposto il giudice accoglieva le domande proposte dalla banca, dichiarandola creditrice del convenuto debitore, e ordinava di provvedere alla relativa trascrizione con esonero da ogni responsabilità, condannando i convenuti al pagamento delle spese di lite.

Per ulteriori approfondimenti si rimanda ai seguenti contributi pubblicati in rivista:

REVOCATORIA FALLIMENTARE: LA PROVA DELLA SCIENTIA DECOCTIONIS È INDIZIARIA E NON DIRETTA

I PROTESTI COSTITUISCONO UNA PRESUNZIONE SEMPLICE

Sentenza Cassazione Civile, sez. prima, Pres. Ceccherini – Rel. Didone 14-01-2016 n. 504

AZIONE REVOCATORIA: SCIENTIA DECOCTIONIS E NON REVOCABILITÀ DEGLI ATTI DI RIPRISTINO DELLA VALUTA DISPONIBILE

CENNI SULLA CORRETTA INTERPRETAZIONE DEGLI ARTT. 65-67 L.FALL.

Ordinanza Cassazione Civile, sez. Sesta, Pres. Tagonesi – Rel Genovese 11-11-2015 n. 23101

REVOCATORIA FALLIMENTARE: SCIENTIA DECOTIONIS, BILANCI IRRILEVANTI SENZA PROVA CONOSCIBILITÀ

LA CURATELA DEVE DIMOSTRARE QUANDO IL BILANCIO È STATO DEPOSITATO PRESSO REGISTRO IMPRESE

Sentenza Corte di Appello di Napoli, Pres. Lipani – Rel. Petruzziello 25-09-2015 n.3776

SCIENTIA DECOCTIONIS: OCCORRONO DATI CONTABILI NEGATIVI DI IMMEDIATA EVIDENZA

NON RILEVA EX SE LA CIRCOSTANZA CHE LA BANCA SIA UN OPERATORE QUALIFICATO

Sentenza Corte di Appello di Napoli, Pres. Lopiano – Rel. Tabarro 25-05-2015 n.2360

REVOCATORIA ORDINARIA: scientia damni legittimamente ricavata da elementi di carattere presuntivo

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

Il requisito soggettivo della scientia damni in capo al compratore, da intendersi come coscienza generica di mettere a repentaglio, con la manifestazione del consenso generatore della vicenda traslativa, la legittima aspettativa dei creditori del proprio autore, impersonalmente considerati può essere legittimamente ricavata da elementi di carattere presuntivo, ipoteticamente ravvisabili in re ipsa qualora il debitore si sia disfatto uno actu di tutti i suoi beni.

Questi il principio espresso dal Tribunale di Napoli, Dott. Vinciguerra con sentenza del 21.02.2017 n.2163.

Nel caso di specie una banca e delle società convenivano in giudizio una società e il suo fideiussore chiedendo la revoca e l’accertamento della simulazione assoluta del contratto di compravendita, con cui il garante alienava l’unico bene immobile della suddetta società.

Le società attrici invocavano, a sostegno delle proprie domande, la circostanza che una parte del corrispettivo pattuito per la negoziazione fosse stato versato prima della stipula della contratto di compravendita, in tempi e con mezzi del tutto imprecisati, posto che nel contempo l’acquirente avesse promesso di pagare la restante quota, sulla base di una clausola accessoria interna e cumulativa, nonché priva di valenza liberatoria e non accettata dal terzo creditore, rimasto estraneo del debito residuo gravante all’epoca della consacrazione dell’accordo sul venditore.

La banca creditrice, invece, dando prova della maturazione e dell’esigibilità delle obbligazioni dovute dalla società debitrice, attraverso estratti periodici indicativi delle operazioni effettuate nel corso dello svolgimento dell’intero rapporto, chiedeva la condanna della debitrice al pagamento del saldo passivo residuato allo scioglimento in sofferenza del vincolo di apertura di credito in conto corrente.

Il giudice riteneva fondate tanto le azioni revocatorie promosse dalle società quanto dall’istituto di credito, posto che trovassero una giustificazione apprezzabile in alcuni dati di rilievo indiziario, sufficienti per desumere con elevato grado di probabilità, la consapevolezza da parte di entrambi gli stipulanti, dei pregiudizi arrecati agli intimanti dall’operazione che aveva sensibilmente eroso il patrimonio del convenuto, e che le dichiarazioni di quietanza e di accettazione della proposta di assunzione del debito altrui, rilasciate dal convenuto, risultassero inattendibili.

Nel merito, il Tribunale stabiliva che la definitiva sottrazione di un’entità attiva di valore tutt’altro che trascurabile dalla massa delle ricchezze del convenuto -in grado ex se di creare un pericolo concreto di incapienza- configurasse l’insorgenza dell’eventus damni, integrando nel contempo, il requisito soggettivo della scientia damni, quale conoscenza generica di mettere a repentaglio, con la manifestazione del consenso generatore della vicenda traslativa, la legittima aspettativa dei creditori.

Sulla base delle ragioni suesposte il Tribunale ha dichiarato inefficace nei confronti delle società attrici e degli interventori volontari il contratto di compravendita stipulato ex art. 2901 c.c., ha condannato la società debitrice al pagamento di quanto dovuto alla banca creditrice e a rifondere le spese di lite.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:

REVOCATORIA ORDINARIA: TUTELATA ANCHE LA MERA ASPETTATIVA DI CREDITO

INOPPONIBILE AL CREDITORE IL FONDO PATRIMONIALE COSTITUITO E TRASCRITTO IN PREVISIONE DELL’INSORGERE DEL CREDITO

Sentenza | Tribunale di Ferrara, Dott. Roberto Vignati | 24.02.2015 | n.201

REVOCATORIA CONTRO I SUBACQUIRENTI: ANCHE QUANDO L’ATTO ORIGINARIO È UN ATTO REVOCABILE EX ART. 67 LF È SEMPRE UNA REVOCATORIA ORDINARIA

LA MALA FEDE DEL SUBACQUIRENTE CONSISTE NELLA CONSAPEVOLEZZA DEI VIZI DI REVOCABILITÀ DELL’ATTO ORIGINARIO

Sentenza | Tribunale di Napoli, sezione fallimentare, dott. Stanislao De Matteis | 13.05.2013

AZIONE REVOCATORIA: È SUFFICIENTE CHE L’ATTO RENDA PIÙ INCERTO IL RECUPERO DEL CREDITO

NON OCCORRE LA TOTALE COMPROMISSIONE DELLA CONSISTENZA PATRIMONIALE

Sentenza | Tribunale di Ravenna, dott.ssa Alessia Vicini | 09.01.2014 | n.23

FIDEIUSSIONE: ove previsto il “pagamento a prima richiesta e senza eccezione” si tratta di contratto autonomo di garanzia

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

L’inserimento in un contratto di fideiussione di una “clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà, che caratterizza il contratto di fideiussione; peraltro, il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio, atteso che detta clausola risulti specificamente approvata ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c.

Questo il principio espresso dal Tribunale di Nola Dott.ssa Caterina Costabile con l’ordinanza del 18.04.2017.

Un debitore proponeva opposizione al decreto ingiuntivo ex art. 645 c.p.c. emesso a favore di una Banca in merito all’inadempimento di una transazione relativa ad un contratto di fideiussione stipulato con il suddetto debitore.

L’opponente, sebbene non contestasse l’inadempimento della transazione, asseriva, tuttavia, l’esistenza di un accordo con un altro garante in ordine alla ripartizione interna degli oneri derivanti dalla procedura transattiva.

Il Giudice, in vista dell’applicabilità dell’art. 5 del D.L.gs. n. 28/10 trattandosi di controversia involgente contratti bancari; ha ritenuto sussistenti i presupposti di cui all’art. 648 c.p.c., atteso che l’accordo stipulato con il garante deve considerarsi autonomo e quindi non opponibile all’istituto di credito, rimasto estraneo allo stesso.

Nello specifico il giudicante ha precisato che l’inserimento in un contratto di fideiussione di una “clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà, che caratterizza il contratto di fideiussione. Invero, considerato l’inserimento e la specifica sottoscrizione della suddetta clausola si dispone che il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio.

Alla luce delle ragioni suesposte il Tribunale concedeva la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, assegnando ai sensi dell’art. 5 del D.L.gs. n. 28/10 il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:

FIDEIUSSIONE: LA CLAUSOLA DI PAGAMENTO “A PRIMA RICHIESTA E SENZA ECCEZIONI” QUALIFICA IL NEGOZIO COME CONTRATTO AUTONOMO DI GARANZIA CD. GARANTIEVERTRAG

L’UNICA ECCEZIONE OPPONIBILE È RELATIVA ALLA CONTRARIETÀ A NORME IMPERATIVE O L’ILLICEITÀ DELLA CAUSA

Tribunale di Trani, dott. Elio Di Molfetta | 20.05.2016 | n.732

FIDEIUSSIONE: VI È AUTONOMIA DELLA GARANZIA RISPETTO ALL’OBBLIGAZIONE DEL DEBITORE PRINCIPALE

PIENAMENTE VALIDA ED EFFICACIA ANCHE IN CASO DI INVALIDITÀ DEL RAPPORTO SOTTOSTANTE

Sentenza | Tribunale di Trani, Dott. Giuseppe Gustavo Infantini | 18.11.2016 | n.1748

FIDEIUSSIONE: IL PAGAMENTO A PRIMA RICHIESTA E SENZA ECCEZIONI CONFIGURA IL CONTRATTO COME AUTONOMO DI GARANZIA

IL DISCONOSCIMENTO DELLE SOTTOSCRIZIONI AUTOGRAFE È MOTIVO DI CONDANNA PER LITE TEMERARIA

Sentenza | Tribunale di Velletri, Dott. Daniele D’Angelo | 22.06.2016 | n.2061


OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE: la cognizione è limitata ad accertamento esistenza del titolo giudiziale

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

 In sede di opposizione all’esecuzione avverso un titolo di formazione giudiziale il debitore non può contestare il diritto del creditore per ragioni che avrebbe potuto, e dovuto, far valere nel procedimento di cognizione chiuso con il giudicato ovvero ancora pendente, ma può far valere esclusivamente fatti modificativi o estintivi sopravvenuti.

Questo il principio sancito dal Tribunale di Nola, Dott.ssa Roberta Guardasole, con l’ordinanza del 05.12.2016.

Nel caso di specie, parte opponente aveva rilevato, tra l’altro, l’usurarietà delle poste contabili azionate nell’ambito della procedura esecutiva e l’abuso di credito conseguente al sovraindebitamento del debitore principale.

Il Giudice ha ritenuto, in aderenza alla univoca giurisprudenza di legittimità, che laddove l’esecuzione sia promossa in forza di un titolo di formazione giudiziale, la cognizione in sede di opposizione all’esecuzione ex art 615 c.p.c., è limitata all’accertamento dell’esistenza del titolo esecutivo e delle eventuali cause successive alla sua formazione, che ne abbiano determinato la sua invalidità o inefficacia, in quanto l’opposizione all’esecuzione è rimedio rigorosamente circoscritto alla situazione processuale da cui scaturisce il titolo esecutivo.

A parere del Tribunale, la pretesa esecutiva azionata in conformità al titolo può essere neutralizzata, invero, solo con la deduzione di fatti modificativi, estintivi o impeditivi del rapporto sostanziale, successivi alla formazione del titolo e non anche in forza di vizi di nullità del provvedimento, di pretese ragioni di ingiustizia della decisione che ne costituiscano il contenuto o di circostanze che, in quanto verificate in epoca anteriore, sono state, avrebbero potuto o potrebbero ancora essere fatte valere nel procedimento di cognizione chiuso con il giudicato ovvero pendente, in virtù del principio secondo il quale il giudicato copre il dedotto ed il deducibile e del principio dell’assorbimento dei vizi di nullità in motivi di gravame.

In conclusione, per il Giudice, un’opposizione all’esecuzione che sia fondata su contestazioni afferenti il “merito” è da considerarsi in toto inammissibile.

Sulla base del suddetto principio, il Tribunale di Nola ha rigettato l’istanza di sospensione e condannato parte opponente al pagamento delle spese processuali, assegnando alla parte interessata il termine di 90 giorni per l’introduzione dell’eventuale fase di merito.


 

USURA: gli interessi di mora non rilevano ai fini della L. n. 108/1996

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

 Gli interessi moratori e corrispettivi hanno una diversa natura e funzione: i primi, costituiscono una liquidazione forfettaria minima del danno per il ritardo imputabile nel pagamento dei debiti di denaro, hanno una chiara funzione risarcitoria e pertengono alla fase patologica del rapporto, presupponendo l’inadempimento; i secondi, viceversa, rappresentano il compenso dovuto al creditore dal debitore per il godimento di una somma di denaro ed hanno chiara funzione compensativa. 

Gli interessi di mora non rilevano ai fini della L. n. 108/1996 in quanto a voler conglobare nelle determinazioni dei tassi soglia anche gli interessi moratori, che svolgono la loro funzione solo nella fase patologica del rapporto, si otterrebbe l’effetto deprecabile di far lievitare le soglie anche per la fase fisiologica del rapporto, in danno evidente dei debitori adempienti e dei nuovi contraenti.

E’ escluso che i piani di ammortamento con il metodo cosiddetto alla francese importino un fenomeno anatocistico, mancando, nello specifico, qualsiasi capitalizzazione di interessi. 

Questi i principi espressi dal Tribunale di Avellino, Dott. Raffaele Celentano, con l’ordinanza del 10.10.2016.

Nel caso considerato, una società correntista proponeva ricorso ex art. 702 bis c.p.c., convenendo in giudizio la Banca, onde ottenere la restituzione delle somme indebitamente riscosse dall’Istituto di credito a titolo di interessi usurari ed anatocistici, applicati nel corso di un rapporto di credito tra le parti.

In particolare, la società ricorrente lamentava l’usurarietà degli interessi moratori convenuti, in quanto asseritamente extra soglia, l’illegittimità del piano di ammortamento alla francese in quanto comportante fenomeno anatocistico e la conseguente illegittimità delle relative poste riscosse ed a riscuotere.

La Banca resistente si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda e rilevando, all’uopo, l’estraneità degli interessi moratori al tema dell’usura e la legittimità del piano di ammortamento alla francese.

Il Tribunale di Avellino, preliminarmente, sottolineava la diversità ontologica e funzionale degli interessi moratori e corrispettivi: gli uni costituenti una liquidazione forfettaria minima del danno per il ritardo imputabile nel pagamento dei debiti di denaro ed aventi una chiara funzione risarcitoria; gli altri, rappresentanti il compenso dovuto al creditore dal debitore per il godimento di una somma di denaro ed aventi chiara funzione compensativa.

Ad avviso del Giudice campano, proprio in ragione della diversa natura e funzione delle due categorie di interessi, un eventuale inserimento nelle determinazioni dei tassi soglia anche degli interessi moratori, non contemplati dalle Istruzioni della Banca d’Italia nella rilevazione dei TEGM, produrrebbe il deprecabile effetto di far lievitare le soglie anche per la fase fisiologica del rapporto, in danno evidente dei debitori adempienti e dei nuovi contraenti.

Il Giudice adito, osservato, inoltre, che ad oggi non esistono tassi soglia ufficiali ai quali parametrare gli interessi corrispettivi e gli altri costi delle operazioni bancarie e/o finanziarie, aumentati degli interessi moratori, ovvero i soli interessi moratori ed, in punta di anatocismo, che il metodo di capitalizzazione cd. “alla francese” risulta pienamente legittimo, in quanto non determinante alcuna capitalizzazione di interessi, rigettava la domanda e condannava la ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:

USURA BANCARIA: ESTENDERE LA VERIFICA AGLI INTERESSI MORATORI SAREBBE INCOSTITUZIONALE

L’APPLICAZIONE DI UN PARAMETRO AD UN DATO ESCLUSO DAL RELATIVO PANIERE DI RIFERIMENTO VIOLEREBBE L’ART. 3 COST

Sentenza | Tribunale di Milano, Dott. Claudio Antonio Tranquillo | 29.11.2016 | n.13719

USURA: GLI INTERESSI CORRISPETTIVI E MORATORI HANNO DIVERSA NATURA E FUNZIONE E NON VANNO SOMMATI TRA LORO

IL TASSO SOGLIA MORA USURA VA CALCOLATO OPERANDO UNA MAGGIORAZIONE DEL 2,1%

Sentenza | Tribunale di Bologna, Dott.ssa Daria Sbariscia | 06.09.2016 | n.20802

USURA: GLI INTERESSI DI MORA HANNO NATURA SANZIONATORIA E SONO ESCLUSI DAL CALCOLO DEL TEGM

IL METODO “ALL INCLUSIVE” PREVISTO DA L. 2/2009, SI APPLICA SOLO AD INTERESSI E COMMISSIONI AVENTI CARATTERE REMUNERATORIO

Sentenza | Tribunale di Verona, Dott.ssa Dal Martello | 30.06.2016 | n.1906

USURA: la contestazione deve indicare in modo specifico in che termini è avvenuto il superamento

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

La contestazione concernente il superamento del tasso soglia relativo al periodo di riferimento è del tutto indeterminata ove l’attore si limiti a sollevare contestazioni meramente generiche deducendo l’illegittimità del tasso pattuito ed applicato dalla banca, omettendo di indicare in modo specifico in che termini sarebbe avvenuto tale superamento.

Una CTU contabile assumerebbe natura meramente esplorativa.

E’ inammissibile la richiesta ex art. 210 c.p.c. concernente tutta la documentazione contabile relativa al contratto, se la parte attrice non ha dato prova di essersi attivata, prima del giudizio, per procurarsi la documentazione contabile a sostegno dei propri assunti, ed a tale esigenza non può supplirsi con l’ordine di esibizione, il quale presuppone l’impossibilità di procurarsi in altro modo il documento richiesto.

Questi i principi ribaditi dal Tribunale di Napoli, Dott.ssa Francesca Gomez De Ayala, con la sentenza del 25.07.2016.

Nel caso considerato, un mutuatario conveniva in giudizio la Banca e, premettendo di aver stipulato con la convenuta un contratto di mutuo fondiario, deduceva l’applicazione da parte dell’Istituto di credito di un tasso di interessi superiore al tasso soglia e chiedeva la restituzione di tutte le somme indebitamente versate.

La Banca si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto.

Il Tribunale di Napoli, preliminarmente, rilevato che l’attore aveva omesso di depositare il proprio fascicolo di parte, richiamava in proposito la giurisprudenza di legittimità ormai consolidata sul punto, secondo cui in caso di mancato deposito del fascicolo, trattandosi di un onere difensivo della parte, il giudice non può rimettere la causa sul ruolo, per il relativo adempimento, ma deve pronunciare nel merito sulla base delle già acquisite risultanze istruttorie e degli atti riscontrabili nel fascicolo delle altre parti ed in quello d’ufficio.

Nel merito, osservava che l’attore con riguardo al dedotto superamento della soglia usuraria, si era limitato a sollevare contestazioni meramente generiche deducendo l’illegittimità del tasso pattuito ed applicato dalla Banca, senza indicare e provare in modo specifico, in che termini sarebbe avvenuto lo sforamento.

In particolare, parte attrice aveva mancato di indicare, anche solo approssimativamente, la misura del dedotto superamento della soglia antiusura e di produrre in atti i decreti ministeriali di rilevazione dei tassi.

Il Giudice partenopeo, all’uopo, ribadito che i decreti ministeriali di rilevazione dei tassi usurari hanno natura di atti amministrativi e che, dunque, la parte che deduce l’usurarietà dei tassi ha l’onere di produrli in giudizio, non operando rispetto ad essi il principio iura novit curia, rigettata la richiesta di espletamento di una CTU contabile dal carattere meramente esplorativo e dichiarata inammissibile la richiesta ex art. 210 c.p.c. formulata dall’attore, in mancanza di preventivo tentativo di reperire, in via stragiudiziale, la documentazione richiesta, dichiarava infondata la domanda, condannando il mutuatario al pagamento delle spese di lite.

Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:

USURA: È ONERE DELLA PARTE INDICARE I SINGOLI PERIODI TEMPORALI

INAMMISSIBILE IL RICORSO A CTU TECNICO CONTABILE PER SUPPLIRE A CARENZE PROBATORIE DELL’ISTANTE

Sentenza | Tribunale di Taranto, dott. Alberto Munno | 21.03.2016 |

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-e-onere-della-parte-indicare-i-singoli-periodi-temporali

RIPETIZIONE INDEBITO: ASSERZIONI VAGHE E GENERICHE, CTU INAMMISSIBILE

LE CARENZE DI PARTE ATTRICE NON SONO SUPERATE DAL RIFERIMENTO AI DOCUMENTI

Sentenza Tribunale di Lagonegro, Dott. Giovanni Pipola 01-02-2016 n. 53

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/ripetizione-indebito-asserzioni-vaghe-e-generiche-ctu-inammissibile.html

USURA: INAMMISSIBILE LA CTU SE IL CLIENTE NON ALLEGA I DECRETI MINISTERIALI

A FRONTE DI DEDUZIONI GENERICHE, LE ISTANZE ISTRUTTORIE AVREBBERO FINALITÀ MERAMENTE ESPLORATIVE

Ordinanza | Tribunale di Napoli, dott. Massimiliano Sacchi | 27.01.2016

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-inammissibile-la-ctu-se-il-cliente-non-allega-i-decreti-ministeriali