USURA: la penale di estinzione anticipata non rileva ai fini della L. 108/1996 ove il mutuo risulti in corso

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

 L’istanza di sospensiva, proposta in via cautelare, non può essere accolta, preliminarmente ed in via assorbente, per difetto del requisito del periculum in mora, ove il contratto di mutuo risulti ancora in corso, in assenza di minaccia di danni gravi ed irreparabili discendenti dall’applicazione di esborsi non dovuti. 

Qualora il mutuo risulti vigente, l’applicazione degli interessi per estinzione anticipata del contratto, non può essere prospettata a sostegno del pregiudizio grave ed imminente giustificativo della connessa richiesta di pronuncia giudiziale in via di urgenza. 

La mera produzione in giudizio di una perizia di parte, non acquisita nel contraddittorio delle parti, non è sufficiente a prospettare l’esistenza di un pregiudizio grave ed imminente a carico dei mutuatari, tale da giustificare l’emissione di un provvedimento cautelare.

Questi i principi espressi dal Tribunale di Cosenza in composizione collegiale, Pres. Massimo Lento, con ordinanza del 06.03.2017.

Nel caso di specie, i mutuatari presentavano reclamo al Collegio avverso l’ordinanza che rigettava la richiesta di sospensione delle rate del mutuo fondiario ipotecario per usurarietà dei tassi e delle commissioni pattuite.

In particolare, i reclamanti deducevano l’ammissibilità della domanda cautelare proposta in corso di causa, avuto riguardo alla disciplina ex art. 669 quater c.p.c. e, nel merito, insistevano per l’accoglimento della richiesta sospensione.

La Banca reclamata si costituiva insistendo per l’inammissibilità della domanda e del reclamo e, nel merito, per il rigetto delle deduzioni avverse.

Preliminarmente ed in rito, il Collegio rilevava l’ammissibilità dell’istanza cautelare presentata in corso di causa nonostante la sua irritualità; nel merito, rigettava l’istanza di sospensiva per difetto del requisito del periculum in mora.

Invero, i mutuatari lamentavano l’applicazione da parte dell’Istituto di credito, di interessi usurari nel corso del rapporto, in ragione delle risultanze di una consulenza di parte che aveva ritenuto computabile nel calcolo del TEG, ai fini del rilevamento del tasso soglia usura, la penale per estinzione anticipata del finanziamento.

Il Collegio, per contro, chiariva che essendo il mutuo ancora vigente, alcuna applicazione degli interessi per estinzione anticipata poteva essere prospettata a sostegno del pregiudizio grave ed imminente lamentato dagli attori, sicché non risultava ammissibile l’invocata pronuncia giudiziale in via di urgenza, richiesta tra l’altro sulla scorta della mera produzione di una perizia di parte non acquisita nel contraddittorio delle parti.

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale di Cosenza respingeva il reclamo, condannando i reclamanti al pagamento delle spese di lite.

Per altri precedenti si veda:

USURA: la commissione di anticipata estinzione del mutuo è rilevante solo se effettivamente applicata

PER IL PRINCIPIO DELL’EFFETTIVITÀ DEI C.D. ONERI EVENTUALI NON È SUFFICIENTE LA SOLA PATTUIZIONE DELLA CLAUSOLA NEL CONTRATTO

Ordinanza | Tribunale di Pordenone, Dott. Francesco Petrucco Toffolo | 23.05.2016

USURA: penale per inadempimento irrilevante ai fini del raffronto al tasso soglia

SI TRATTA DI UNA VOCE DISOMOGENEA RISPETTO A QUELLE RILEVANTI EX LEGE 108/96

Sentenza | Tribunale di Ferrara, dott.ssa Caterina Arcani | 16.12.2015 | n.1131


 

ATP: inammissibile se finalizzato all’accertamento dell’usura, di pretese restitutive o di non debenza

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

Il ricorso ex art 696-bis c.p.c. è inammissibile se finalizzato all’accertamento dell’usura e, quindi, di pretese restitutive o di non debenza, in quanto tali questioni presuppongono assorbenti e preliminari valutazioni giuridiche necessarie al fine della stessa formulazione del quesito al ctu, e che risulterebbero indebitamente anticipatorie di un giudizio di merito.

Questo il principio espresso dal Tribunale di Napoli, Dott.ssa Fausta Como con l’ordinanza del 20.02.2017.

Nel caso considerato, una società – cliente proponeva ricorso ex art 696 – bis chiedendo che venisse disposta CTU per accertare l’illegittima applicazione da parte della Banca, di tassi usurari e di oneri e costi non dovuti sulle somme già percepite rata per rata in relazione al contratto di mutuo con la stessa sottoscritto, nonché la somma da restituirsi al ricorrente in conseguenza della violazione, oltre il risarcimento dei danni.

Si costitutiva l’istituto di credito eccependo l’inammissibilità dello spiegato ricorso, sostenendo che le questioni relative all’usura oggettiva non possono costituire oggetto di mero accertamento, – ed in particolare di accertamento tecnico preventivo -, in quanto necessitanti di articolate e complesse valutazioni giuridiche su accordi negoziali, che non possono essere demandate al CTU in quanto di pertinenza esclusivamente del giudice.

Ciò posto, la resistente evidenziava, altresì, che la cliente aveva erroneamente indicato la banca mutuante con una diversa denominazione, nonché richiesto l’accertamento dei danni in favore di un soggetto non parte processuale.

Il tribunale partenopeo, aderendo totalmente alle prospettazioni dell’istituto di credito, ha rilevato che il ricorso ex art 696-bis finalizzato all’accertamento dell’usura e, quindi, di pretese restitutive o di non debenza, è da ritenersi inammissibile, dal momento che tali questioni presuppongono assorbenti e preliminari valutazioni giuridiche necessarie al fine della stessa formulazione del quesito al CTU, e che risulterebbero indebitamente anticipatorie di un giudizio di merito.

Per tali motivi, il giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:

ATP: INAMMISSIBILE IN MATERIA DI USURA ED ANATOCISMO

LA SOLUZIONE DI QUESTIONI GIURIDICHE – PRIMA CHE TECNICHE – È RISERVATA AL GIUDIZIO A COGNIZIONE PIENA

Ordinanza | Tribunale di Napoli, Dott.ssa Grazia Bisogni | 05.12.2016 |

ATP: È INAMMISSIBILE SE FINALIZZATO ALL’ACCERTAMENTO DI USURA ED ANATOCISMO

L’ART. 696 BIS C.P.C. PRESUPPONE CHE SIANO PERFETTAMENTE INDIVIDUABILI ED INCONTROVERSI I FATTI GENERATORI DELL’OBBLIGO DI RESTITUZIONE

Ordinanza | Tribunale di Frosinone, Dott. Luigi Nocella | 13.09.2016 | 

CONSULENZA TECNICA PREVENTIVA: INAMMISSIBILE PER QUESTIONI GIURIDICHE COMPLESSE TIPICHE DI UN GIUDIZIO A COGNIZIONE PIENA

IN CASO CONTRARIO, NON SI REALIZZEREBBE LO SCOPO DEFLATTIVO DELL’ART. 696 BIS C.P.C.

Ordinanza | Tribunale di Nocera Inferiore, Dott.ssa Raffaella Cappiello | 23.06.2016 |

 


 

MEDIAZIONE: illegittima la nomina del consulente tecnico su richiesta di una sola parte

Il procedimento di mediazione non può proseguire in forma unilaterale, allorché una parte manifesti al primo incontro c.d. di programmazione volontà contraria alla prosecuzione. È pertanto illegittima la nomina di un consulente tecnico al fine di consentire al mediatore di formulare una proposta di definizione, senza il preventivo assenso di entrambe le parti.

Lo ha stabilito il Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia, Direzione Generale della Giustizia Civile, in persona del Magistrato delegato Dott.ssa Adele Verde, con provvedimento del 2 febbraio 2017, con il quale ha formalmente “ammonito” un organismo di mediazione responsabile di aver violato la normativa di settore.

Vediamo nel dettaglio cosa è accaduto.

Nel corso di un procedimento di mediazione promosso contro una Banca da una società-cliente, il mediatore, nonostante il rifiuto dell’istituto di credito di aderire alla procedura, ha ritenuto possibile proseguire nel tentativo di conciliazione, dichiarando “aperto” il procedimento e nominando un consulente tecnico al fine di consentire la formulazione di una proposta di definizione.

La banca dissenziente, a fronte della chiara violazione di legge, ha interpellato formalmente il Ministero della Giustizia, chiedendo di verificare la legittimità dell’operato dell’organismo di mediazione.

Esprimendosi sull’istanza dell’istituto di credito, il Ministero ha chiarito preliminarmente che il primo incontro di mediazione (c.d. di programmazione) deve essere considerato come momento non ancora inserito nello svolgimento vero e proprio dell’attività di mediazione, ciò in quanto la norma di cui all’art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 28/2010 testualmente recita: “Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento.”

Tale disposizione, delineando la natura e la funzione del primo incontro rispetto alla procedura di mediazione, consente, inoltre, di comprendere la ragione per la quale il legislatore ha previsto che “nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione“: non essendosi svolta vera e propria “attività di mediazione” non si potrà richiedere un compenso che attenga, appunto, ad una attività eventuale e successiva che avrà modo di essere esercitata solo se le parti intendano procedere oltre.

Ne risulta che la possibilità di iniziare la procedura di mediazione è testualmente ancorata alla volontà concorde di entrambe le parti.

Se ciò è vero, se ne deduce che il mediatore, dinanzi all’espresso rifiuto di una di queste, giammai potrà procedere a formulare alcuna proposta o alla nomina un consulente tecnico, dovendosi limitare a redigere un verbale negativo.

Ragionare diversamente snaturerebbe il ruolo che il legislatore ha voluto ritagliare al primo incontro, che altro non è se non una sessione prodromica alla vera attività di mediazione finalizzata solo a raccogliere la volontà delle parti, e alla struttura stessa dell’istituto che è stato concepito come un modello “obbligatorio mitigato” proprio per la possibilità che viene data alle parti di abbandonare la procedura nel corso del primo incontro (cd. opt-out).

Diversa è, invece, l’ipotesi in cui la parte chiamata in mediazione decida di rimanere contumace.

In tali casi, non vi è dubbio che la parte istante, se il regolamento dell’organismo lo consente, può scegliere di “entrare” in mediazione e, all’esito dell’attività del consulente tecnico, comunicare al chiamato in mediazione una proposta.

È evidente, infatti, che il dissenso non può essere equiparato alla contumacia – comportamento che il codice di procedura civile considera “neutro” – e in questa ottica deve essere letto l’art. 7, comma 2, D.M. 180/2010.

Una diversa interpretazione si porrebbe in insanabile contrasto con il dettato del decreto legislativo per le ragioni sopra esposte.

Per tali motivi il Ministero, che già in passato aveva ammonito l’organismo in questione, ha invitato nuovamente lo stesso ad adeguare il proprio regolamento alla vigente normativa e ad inserirlo nel registro telematico, con espressa diffida ad adeguarsi immediatamente alle indicazioni già fornite con precedenti note ed a darne comunicazione alle parti entro il termine di dieci giorni, pena sospensione e/o cancellazione dal registro ex art. 10 del D.M. n. 180/2010.


 

 

OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE: la cognizione è limitata ad accertamento esistenza del titolo giudiziale

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

 In sede di opposizione all’esecuzione avverso un titolo di formazione giudiziale il debitore non può contestare il diritto del creditore per ragioni che avrebbe potuto, e dovuto, far valere nel procedimento di cognizione chiuso con il giudicato ovvero ancora pendente, ma può far valere esclusivamente fatti modificativi o estintivi sopravvenuti.

Questo il principio sancito dal Tribunale di Nola, Dott.ssa Roberta Guardasole, con l’ordinanza del 05.12.2016.

Nel caso di specie, parte opponente aveva rilevato, tra l’altro, l’usurarietà delle poste contabili azionate nell’ambito della procedura esecutiva e l’abuso di credito conseguente al sovraindebitamento del debitore principale.

Il Giudice ha ritenuto, in aderenza alla univoca giurisprudenza di legittimità, che laddove l’esecuzione sia promossa in forza di un titolo di formazione giudiziale, la cognizione in sede di opposizione all’esecuzione ex art 615 c.p.c., è limitata all’accertamento dell’esistenza del titolo esecutivo e delle eventuali cause successive alla sua formazione, che ne abbiano determinato la sua invalidità o inefficacia, in quanto l’opposizione all’esecuzione è rimedio rigorosamente circoscritto alla situazione processuale da cui scaturisce il titolo esecutivo.

A parere del Tribunale, la pretesa esecutiva azionata in conformità al titolo può essere neutralizzata, invero, solo con la deduzione di fatti modificativi, estintivi o impeditivi del rapporto sostanziale, successivi alla formazione del titolo e non anche in forza di vizi di nullità del provvedimento, di pretese ragioni di ingiustizia della decisione che ne costituiscano il contenuto o di circostanze che, in quanto verificate in epoca anteriore, sono state, avrebbero potuto o potrebbero ancora essere fatte valere nel procedimento di cognizione chiuso con il giudicato ovvero pendente, in virtù del principio secondo il quale il giudicato copre il dedotto ed il deducibile e del principio dell’assorbimento dei vizi di nullità in motivi di gravame.

In conclusione, per il Giudice, un’opposizione all’esecuzione che sia fondata su contestazioni afferenti il “merito” è da considerarsi in toto inammissibile.

Sulla base del suddetto principio, il Tribunale di Nola ha rigettato l’istanza di sospensione e condannato parte opponente al pagamento delle spese processuali, assegnando alla parte interessata il termine di 90 giorni per l’introduzione dell’eventuale fase di merito.


 

USURA: gli interessi di mora non rilevano ai fini della L. n. 108/1996

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

 Gli interessi moratori e corrispettivi hanno una diversa natura e funzione: i primi, costituiscono una liquidazione forfettaria minima del danno per il ritardo imputabile nel pagamento dei debiti di denaro, hanno una chiara funzione risarcitoria e pertengono alla fase patologica del rapporto, presupponendo l’inadempimento; i secondi, viceversa, rappresentano il compenso dovuto al creditore dal debitore per il godimento di una somma di denaro ed hanno chiara funzione compensativa. 

Gli interessi di mora non rilevano ai fini della L. n. 108/1996 in quanto a voler conglobare nelle determinazioni dei tassi soglia anche gli interessi moratori, che svolgono la loro funzione solo nella fase patologica del rapporto, si otterrebbe l’effetto deprecabile di far lievitare le soglie anche per la fase fisiologica del rapporto, in danno evidente dei debitori adempienti e dei nuovi contraenti.

E’ escluso che i piani di ammortamento con il metodo cosiddetto alla francese importino un fenomeno anatocistico, mancando, nello specifico, qualsiasi capitalizzazione di interessi. 

Questi i principi espressi dal Tribunale di Avellino, Dott. Raffaele Celentano, con l’ordinanza del 10.10.2016.

Nel caso considerato, una società correntista proponeva ricorso ex art. 702 bis c.p.c., convenendo in giudizio la Banca, onde ottenere la restituzione delle somme indebitamente riscosse dall’Istituto di credito a titolo di interessi usurari ed anatocistici, applicati nel corso di un rapporto di credito tra le parti.

In particolare, la società ricorrente lamentava l’usurarietà degli interessi moratori convenuti, in quanto asseritamente extra soglia, l’illegittimità del piano di ammortamento alla francese in quanto comportante fenomeno anatocistico e la conseguente illegittimità delle relative poste riscosse ed a riscuotere.

La Banca resistente si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda e rilevando, all’uopo, l’estraneità degli interessi moratori al tema dell’usura e la legittimità del piano di ammortamento alla francese.

Il Tribunale di Avellino, preliminarmente, sottolineava la diversità ontologica e funzionale degli interessi moratori e corrispettivi: gli uni costituenti una liquidazione forfettaria minima del danno per il ritardo imputabile nel pagamento dei debiti di denaro ed aventi una chiara funzione risarcitoria; gli altri, rappresentanti il compenso dovuto al creditore dal debitore per il godimento di una somma di denaro ed aventi chiara funzione compensativa.

Ad avviso del Giudice campano, proprio in ragione della diversa natura e funzione delle due categorie di interessi, un eventuale inserimento nelle determinazioni dei tassi soglia anche degli interessi moratori, non contemplati dalle Istruzioni della Banca d’Italia nella rilevazione dei TEGM, produrrebbe il deprecabile effetto di far lievitare le soglie anche per la fase fisiologica del rapporto, in danno evidente dei debitori adempienti e dei nuovi contraenti.

Il Giudice adito, osservato, inoltre, che ad oggi non esistono tassi soglia ufficiali ai quali parametrare gli interessi corrispettivi e gli altri costi delle operazioni bancarie e/o finanziarie, aumentati degli interessi moratori, ovvero i soli interessi moratori ed, in punta di anatocismo, che il metodo di capitalizzazione cd. “alla francese” risulta pienamente legittimo, in quanto non determinante alcuna capitalizzazione di interessi, rigettava la domanda e condannava la ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:

USURA BANCARIA: ESTENDERE LA VERIFICA AGLI INTERESSI MORATORI SAREBBE INCOSTITUZIONALE

L’APPLICAZIONE DI UN PARAMETRO AD UN DATO ESCLUSO DAL RELATIVO PANIERE DI RIFERIMENTO VIOLEREBBE L’ART. 3 COST

Sentenza | Tribunale di Milano, Dott. Claudio Antonio Tranquillo | 29.11.2016 | n.13719

USURA: GLI INTERESSI CORRISPETTIVI E MORATORI HANNO DIVERSA NATURA E FUNZIONE E NON VANNO SOMMATI TRA LORO

IL TASSO SOGLIA MORA USURA VA CALCOLATO OPERANDO UNA MAGGIORAZIONE DEL 2,1%

Sentenza | Tribunale di Bologna, Dott.ssa Daria Sbariscia | 06.09.2016 | n.20802

USURA: GLI INTERESSI DI MORA HANNO NATURA SANZIONATORIA E SONO ESCLUSI DAL CALCOLO DEL TEGM

IL METODO “ALL INCLUSIVE” PREVISTO DA L. 2/2009, SI APPLICA SOLO AD INTERESSI E COMMISSIONI AVENTI CARATTERE REMUNERATORIO

Sentenza | Tribunale di Verona, Dott.ssa Dal Martello | 30.06.2016 | n.1906