LEASING IMMOBILIARE: l’utilizzatore non può esercitare l’azione di risoluzione per servitù non dichiarata

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

L’utilizzatore del bene in leasing in caso di vizi della cosa locata, può esercitare in via diretta azione di risoluzione del contratto per inadempimento del fornitore, solo in presenza di una clausola espressa di cessione da parte del concedente, dei diritti nascenti dalla responsabilità del fornitore, in mancanza, è esclusa la legittimazione attiva dell’utilizzatore alla proposizione dell’azione di risoluzione nei confronti del fornitore.

In caso di domanda di risarcimento del danno da fatto illecito o da inadempimento contrattuale l’attore ha il dovere di indicare analiticamente e con rigore i fatti materiali che assume essere stati fonte di danno e in cosa è consistito il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale e con quali criteri di calcolo dovrà essere computato.

Questi i principi espressi dal Tribunale di Napoli, Dott.ssa Rosa Romano Cesareo, con la sentenza n. 7625 del 30.06.2017.

Nel caso considerato, l’utilizzatore di un immobile conveniva in giudizio il fornitore e la società di leasing, con la quale aveva stipulato contratto di locazione finanziaria, chiedendo la condanna di entrambi al risarcimento dei danni patrimoniali e non, sofferti in conseguenza della diminuzione del godimento del bene che era risultato essere, solo successivamente, gravato da una servitù di passaggio non apparente di uso pubblico e, per l’effetto, la risoluzione del contratto di compravendita stipulato tra il dante causa e la società di leasing.

La società di locazione finanziaria si costituiva resistendo alle argomentazioni dell’attore chiedendone il rigetto, mentre il fornitore rimaneva contumace.

Relativamente alla domanda di risoluzione del contratto, il Tribunale adito richiamava la sentenza delle Sezioni Unite n. 19785 del 26.05.2015, con cui la Suprema Corte si era pronunciata in merito alla tutela riconoscibile all’utilizzatore del bene in leasing in caso di vizi della cosa locata, affermando che la prassi commerciale aveva già in parte risolto il problema della tutelabilità dell’utilizzatore a fronte dell’inadempimento del fornitore, con l’inserimento in tali contratti, di clausole di cessione all’utilizzatore dei diritti nascenti da responsabilità del fornitore.

Di conseguenza, il Tribunale partenopeo osservava che, in mancanza di una specifica previsione pattizia nel contratto di leasing, dovesse escludersi la legittimazione attiva dell’utilizzatore alla proposizione dell’azione di risoluzione nei confronti del fornitore, rilevando nella specie, che il contratto di compravendita pur prevedendo una clausola di cessione in favore dell’utilizzatore dei diritti nascenti da responsabilità del fornitore escludeva espressamente l’esperibilità dell’azione di risoluzione del contratto.

Inoltre, il Giudicante rilevava, da una parte, che avendo l’utilizzatore all’atto della stipula notarile della compravendita, confermato di aver eseguito tutti gli accertamenti sull’immobile, aveva, con la sottoscrizione del verbale di consegna, accettato l’immobile attestandone definitivamente l’idoneità; dall’altra, che l’attore aveva, ad ogni modo, omesso di allegare prove a fondamento della propria pretesa circa l’ammontare dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, nonchè la loro eventuale diretta riconducibilità alla condotta del fornitore, oltre che la mala fede di quest’ultimo, cosi come richiesto ex art. 2043 c.c..

Invero, in tema di risarcimento del danno da fatto illecito o da inadempimento contrattuale, la cosa oggetto della domanda è il pregiudizio di cui si invochi il ristoro, e gli elementi di fatto costitutivi della pretesa sono rappresentati dalla descrizione della perdita che l’attore lamenti di avere patito; pertanto, l’attore ha il dovere di indicare analiticamente e con rigore i fatti materiali che assume essere stati fonte di danno ed in cosa è consistito il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale patito, e con quali criteri di calcolo dovrà essere computato.

A tal proposito, il Giudice sottolineava che, nel caso di specie, la società in virtù del contratto di leasing, era stata espressamente esonerata da ogni responsabilità “per servitù anche se non note” e tale clausola non era stata oggetto di contestazione dell’attore.

Alla luce di tali presupposti, il Tribunale partenopeo rigettava la domanda dell’utilizzatore, condannandolo al pagamento delle spese di lite.

Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti provvedimenti pubblicati in rivista:

LEASING: L’UTILIZZATORE PUÒ ESERCITARE NEI CONFRONTI DEL FORNITORE L’AZIONE DI RISOLUZIONE O DI RIDUZIONE DEL PREZZO DEL CONTRATTO

E’ NECESSARIA LA PRESENZA DI UNA CLAUSOLA CON LA QUALE GLI VENGA TRASFERITA DAL CONCEDENTE LA PROPRIA POSIZIONE SOSTANZIALE

Sentenza | Cassazione Civile, sez. unite, Est. Spirito | 05.10.2016|

LEASING FINANZIARIO: L’UTILIZZATORE NON PUÒ CHIEDERE RISOLUZIONE CONTRATTO VENDITA TRA FORNITORE E CONCEDENTE

Sentenza | Cassazione Civile, Sezioni Unite, Pres. Rovelli – Rel. Spirito | 05.10.2015 | n.19785


 

USURA LEASING: irrilevanti gli interessi moratori e e le penali da inadempimento

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

Ai fini della valutazione dell’usura oggettiva, non possono assumere alcun rilievo gli oneri conseguenti all’inadempimento del cliente (interessi moratori, penali) o all’interruzione volontaria del rapporto (penale di estinzione anticipata), in quanto la valutazione di usurarietà attiene alla fase fisiologica del rapporto e non già a quella patologica, che trova il suo fondamento nel comportamento volontario o colposo delle parti.

La Banca d’Italia non tiene conto degli interessi di mora applicati dagli istituti di credito ai fini dell’individuazione del tasso medio praticato, integrante la base di calcolo della soglia d’usura.

Ove si volesse ritenere che gli interessi moratori dovrebbero includersi nel calcolo del TAEG (ai fini del confronto con le soglie di usura), la conseguenza dell’eventuale superamento non sarebbe la nullità di tutto il contratto e la gratuità del rapporto ex art. 1815 c.c., bensì potrebbe configurarsi al più solo una nullità parziale della clausola relativa agli interessi moratori, con conseguente diritto del mutuatario/utilizzatore alla restituzione dei soli interessi moratori usurari effettivamente corrisposti.

Questi i principi espressi dal Tribunale di Napoli, Dott. Roberto Notaro con la sentenza n.7906 del 10.07.2017.

Nella fattispecie in esame un concessionario di un leasing conveniva in giudizio la società di leasing al fine di accertare la nullità del contratto stipulato con quest’ultima per contrasto con l’art. 644 cp alla luce dell’usurarietà degli interessi pattuiti.

Si costituiva, tempestivamente, in giudizio la società di leasing deducendo l’infondatezza della pretesa attorea, in considerazione dell’irrilevanza degli interessi moratori in quanto sommati a quelli corrispettivi ai fini del superamento del tasso soglia.

Il Giudicante, in merito all’eccepita usurarietà del contratto, ripercorrendo brevemente i vari orientamenti giurisprudenziali diffusisi circa la rilevanza degli interessi moratori ai fini del calcolo TSU ha ritenuto infondata la domanda avanzata in giudizio dall’attore, osservando come la Banca d’Italia non tiene conto degli interessi di mora applicati dagli istituti di credito ai fini dell’individuazione del tasso medio praticato, integrante la base di calcolo della soglia d’usura e specificando inoltre che risulterebbe irragionevole valutare l’usurarietà o meno degli interessi applicati al prestito laddove lo sconfinamento avvenga ad opera di poste passive – quali gli interessi di mora – che non siano state tenute in considerazione per la determinazione del limite di usura.

In particolare, sul punto Tribunale ha ulteriormente argomentato richiamando l’assunto secondo cui ai fini della valutazione dell’usura oggettiva, non possono assumere alcun rilievo gli oneri conseguenti all’inadempimento del cliente (interessi moratori, penali) o all’interruzione volontaria del rapporto (penale di estinzione anticipata), in quanto la valutazione di usurarietà attiene alla fase fisiologica del rapporto e non già a quella patologica, che trova il suo fondamento nel comportamento volontario o colposo delle parti.

Infine, il Giudicante ha inoltre ribadito che anche qualora si volesse ritenere che gli interessi moratori dovrebbero includersi nel calcolo del TAEG (ai fini del confronto con le soglie di usura), la conseguenza dell’eventuale superamento non sarebbe la nullità di tutto il contratto e la gratuità del rapporto ex art. 1815 c.c., bensì potrebbe configurarsi al più solo una nullità parziale della clausola relativa agli interessi moratori, con conseguente diritto del mutuatario/utilizzatore alla restituzione dei soli interessi moratori usurari effettivamente corrisposti.

Alla luce delle suesposte argomentazioni il Tribunale rigettava la domanda avanzata dall’attore, condannandolo, altresì, al pagamento delle spese di lite in favore della società di leasing.

Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:

USURA LEASING: GLI INTERESSI MORATORI HANNO FUNZIONE RISARCITORIA E NON RILEVANO AI FINI DELLA L.108/96

LA VALUTAZIONE DEL SUPERAMENTO DEL TASSO SOGLIA VA EFFETTUATA CONTEGGIANDO I SOLI ELEMENTI RETRIBUTIVI

Ordinanza | Tribunale di Modena, Giudice dott. Paolo Siracusano | 13.01.2017 |

LEASING: IL TASSO DI MORA NON PUÒ DETERMINARE USURA NÉ OGGETTIVA NÉ SOGGETTIVA

GLI INTERESSI CORRISPETTIVI NON POSSONO ESSERE INFICIATI DALL’EVENTUALE USURARIETÀ DEI MORATORI

Sentenza | Tribunale di Brescia, dott. Giuseppe Magnoli | 10.02.2015 |

USURA LEASING: INCUMULABILITÀ DEGLI INTERESSI MORATORI E CORRISPETTIVI STANTE LA DIVERSA NATURA DI TALI CATEGORIE DI INTERESSI

LE DISPOSIZIONI DI CUI AGLI ART. 644 C.P. E 1815 COMMA 2 C.C. SI RIFERISCONO ESCLUSIVAMENTE ALLE PRESTAZIONI DI NATURA CORRISPETTIVA GRAVANTI SUL MUTUATARIO

Sentenza | Tribunale di Bologna, dott.ssa Manuela Velotti | 17.02.2015 |