REVOCATORIA FALLIMENTARE: i protesti pubblicati successivamente sono irrilevanti

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

In materia di revocatoria fallimentare, è onere di parte attrice provare i presupposti dell’azione. 

I protesti ed i bilanci successivi alle rimesse oggetto di revocatoria, unitamente al fatto che il saldo del conto corrente sia stato oltre il limite del presunto affidamento, non integrano alcun elemento presuntivo. 

Sono revocabili ex art. 67 comma 2 l. fall. le rimesse effettuate nel periodo previsto dalla legge, dal fallito o dal terzo, su conto del fallito scoperto, cioè che non sia assistito da apertura di credito e presenti un saldo passivo o se il correntista fallito abbia sconfinato dal fido accordatogli. Non sono revocabili le rimesse che non abbiano funzione solutoria, ma di semplice ripristino della provvista. Per stabilire il carattere delle rimesse occorre tenere conto del “saldo disponibile” (valutato, cioè in base al momento di effettiva esecuzione da parte della banca degli incassi e delle erogazioni) e non esclusivamente del “saldo contabile” (calcolato in base ad un riferimento puramente cronologico della registrazione delle operazioni) o del saldo “per valuta” (in cui le varie partite vengono iscritte nel conto, in base alla data di maturazione degli interessi).

 In presenza di operazioni di fido, le singole rimesse effettuate sul conto dell’imprenditore poi fallito, nel periodo di cui all’art. 67 comma 2 l. fall., quando il conto sia “scoperto” (per il superamento del fido), sono revocabili per la parte relativa alla differenza tra lo scoperto ed il limite del fido

 Questi i principi espressi dal Tribunale di Torre Annunziata, Dott. Fabio Di Lorenzo, con la sentenza del 04.10.2016 n. 2488 emessa in un procedimento sottoposto alla disciplina della vecchia revocatoria ex art. 67 lf con il regime ante 2005.

Nella causa in oggetto il Fallimento di una società conveniva in giudizio una Banca al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia delle rimesse effettuate nell’anno anteriore al fallimento sul rapporto di conto corrente con la stessa intrattenuto.

Si costituiva l’Istituto di credito, chiedendo il rigetto della domanda attorea sostenendo la natura non solutoria, ma ripristinatoria delle rimesse in oggetto.

Autorizzata la chiamata dei fideiussori, veniva disposta Ctu, depositata la quale la causa è stata mandata in decisione.

Il giudice rilevava altresì che l’onere di provare i presupposti dell’azione gravava – e grava ancora oggi, secondo l’attuale disciplina – sul curatore.

Pacifica l’esistenza del contratto di conto corrente bancario, all’esito della Ctu è risultato che effettivamente nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento il correntista aveva effettuato rimesse.

Il giudicante, richiamando la giurisprudenza di legittimità, evidenziava che non sono suscettibili di revocatoria fallimentare le rimesse aventi natura ripristinatoria del rapporto di provvista, ma esclusivamente quelle aventi natura solutoria, in quanto lesive della par condicio creditorum. In particolare i trasferimenti effettuati dall’imprenditore, poi fallito (o da un terzo), sul proprio conto corrente bancario nel periodo indicato dalla legge sono revocabili soltanto se, all’atto della rimessa, il conto risulti “scoperto”; la “copertura” o meno del conto va accertata con esclusivo riferimento al “saldo disponibile”, da determinarsi in ragione delle epoche di effettiva esecuzione, da parte della banca, degli incassi e delle erogazioni; di conseguenza in presenza di operazioni di fido, le singole rimesse effettuate sul conto dell’imprenditore poi fallito, nel periodo indicato dalla legge quando il conto sia “scoperto” (per il superamento del fido), sono revocabili per la parte relativa alla differenza tra lo scoperto ed il limite del fido.

Nella fattispecie in oggetto era sufficientemente provato che il rapporto fosse affidato, ed il CTU rilevava l’esistenza di rimesse solutorie effettuate nel periodo gennaio-settembre 2003.

Riguardo il presupposto della conoscenza da parte della Banca dello stato di insolvenza in cui versava la società all’ epoca dei trasferimenti, parte attrice allegava la visura protesti, giudicata irrilevante dal giudice campano in quanto tali protesti risultano pubblicati successivamente al compimento delle operazioni contestate, ed il dossier Cerved, rispetto al quale parte convenuta eccepiva che dallo stesso non emergeva l’elemento più significativo, costituito dalle segnalazioni a sofferenza. Su tale specifico punto l’attore però non effettuava una specifica contestazione.

La curatela del Fallimento allegava poi un estratto della perizia del CTU dal quale si evinceva che nel periodo da luglio 2003 a giugno 2004 il saldo del conto corrente superava il limite dell’affidamento. Il dato tuttavia non è stato considerato dirimente dal giudicante, in quanto i versamenti contestati erano tutti – tranne due di modesta entità – antecedenti al luglio 2003

L’attore, infine, individuava quale elemento di conoscibilità dello stato di insolvenza i bilanci del 2001 e del 2002, sostenendo che essi mostrassero un crescente indebitamento. Tuttavia, in ordine al bilancio del 2001 parte convenuta replicava sostenendo l’irrilevanza dello stesso sulla base della considerazione che esso si chiudeva con un utile di esercizio; in ordine poi al bilancio del 2002, parte convenuta evidenziava che esso era stato depositato nel maggio 2003, e quindi dopo la maggior parte dei versamenti contestati.

Alla luce di quanto sopra, il Tribunale non rilevava la prova, neppure presuntiva, in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo della proposta azione, per cui rigettava la domanda attorea, dichiarando assorbita la domanda di manleva proposta dalla convenuta nei confronti dei terzi chiamati fideiussori, compensando le spese di lite e ponendo le spese di Ctu in via definitiva a carico dell’attore e della convenuta nella misura di metà ciascuno.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:

REVOCATORIA FALLIMENTARE: LE SEGNALAZIONI DI MERO “SCONFINO” NON INTEGRANO LA “SCIENTIA DECOCTIONIS”

IL CURATORE DEVE FORNIRE LA PROVA CONCRETA ED EFFETTIVA DELL’ELEMENTO SOGGETTIVO

Sentenza Tribunale di Tivoli, dott. Fernando Scolaro 10-02-2015 n.308

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-le-segnalazioni-di-mero-sconfino-non-integrano-la-scientia-decoctionis.html

REVOCATORIA FALLIMENTARE: LA BANCA CHE MANTENGA IN ESSERE GLI AFFIDAMENTI NON CONOSCE LO STATO DI INSOLVENZA

LA SCIENTIA DECOCTIONIS DEVE ESSERE EFFETTIVA E NON MERAMENTE POTENZIALE.

Sentenza Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dott. M. Pugliese 28-01-2015 n.341

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-la-banca-che-mantenga-in-essere-gli-affidamenti-non-conosce-lo-stato-di-insolvenza.html

REVOCATORIA FALLIMENTARE: AI FINI DELLA SCIENTIA DECOCTIONIS NON RILEVA LA CLASSIFICAZIONE A SOFFERENZA DEL CONTO

È ONERE DEL CURATORE DIMOSTRARE LA EFFETTIVA CONOSCENZA DELLO STATO DI INSOLVENZA DELL’IMPRENDITORE

Sentenza Tribunale di Napoli, dott.ssa Alessia Notaro 09-01-2015 n.285

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-ai-fini-della-scientia-decoctionis-non-rileva-la-classificazione-a-sofferenza-del-conto.html