ESECUZIONE FORZATA: l’azione risarcitoria del creditore in danno del professionista delegato per appropriazione indebita del ricavato

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

Testo massima

LE MASSIME
Il professionista delegato per la vendita di un immobile agisce quale “longa manus” del Tribunale, in quanto la delega attribuisce al designato la legittimazione all’esercizio di poteri e funzioni spettanti al Giudice e pertanto arreca un danno economico all’Amministrazione della Giustizia ove si appropri dolosamente delle somme frutto delle esecuzioni immobiliari, che sebbene formalmente appartenenti al debitore esecutato, sono vincolate alla procedura esecutiva e perciò stesso trattenute fino alla fase distributiva nella piena consapevolezza di avere in custodia denaro altrui (debitore, creditore, Stato).
 
In tale veste, il notaio delegato differisce nettamente dalla figura dell’ausiliario ex art. 68 cpc, atteso che nell’incarico di delega non è ravvisabile un mero rapporto accessorio, collaterale ed occasionale, bensì una autentica sostituzione nell’attività del giudice dell’esecuzione giuridicamente qualificabile in termini di “delega sostitutiva”, in virtù della quale il delegato è tenuto al compimento di atti i quali, se la delega non fosse intervenuta, spetterebbero al giudice dell’esecuzione. Ne discende la configurazione di un rapporto di servizio tra il professionista e l’amministrazione statale della giustizia, che nella giurisprudenza della Corte dei Conti si traduce nella ravvisabilità di ipotesi di danno erariale e, più in generale, nella qualificazione del delegato quale pubblico ufficiale.
 
Da tale rapporto di servizio deriva la necessità di configurare – in sede civile – come contrattuale la responsabilità del notaio delegato verso i creditori procedenti o intervenuti, anche in considerazione della circostanza che il professionista, pur essendo un pubblico ufficiale, resta un soggetto privato che svolge un’attività professionale ai sensi degli artt. 2229 e ss. cc.
Ne consegue che il notaio delegato deve adempiere ed operare in ordine alla delega con la diligenza qualificata richiesta dalla funzione ex art. 1176 cc, non trascurando che la responsabilità può sussistere anche in caso di colpa lieve, in ragione della capacità stessa del professionista (molto elevata in relazione alle attività di vendita, che non richiedono una particolare competenza tecnica).
 
È direttamente responsabile verso i creditori della procedura il notaio che abbia omesso di vigilare sull’operato dei suoi collaboratori, consentendo a questi ultimi di operare su libretti di deposito nominativi a lui intestati per la gestione del denaro afferente alle procedure esecutive, rispondendo anche dei fatti dolosi o colposi di costoro, secondo le regole di cui all’art. 1228 cc.
 
Né vale ad escludere la responsabilità diretta del notaio la condotta della Banca depositaria, la quale abbia omesso di verificare con la dovuta diligenza la legittimazione del collaboratore al prelievo del denaro dai libretti intestati al notaio, in quanto la mancata custodia e vigilanza da parte di quest’ultimo si pone quale antecedente logico necessario al prodursi dell’evento dannoso.
IL CASO 
Sono questi gli principi espressi dal Tribunale di Avellino, in persona del Giudice Maria Cristina Rizzi, con la sentenza del 5 febbraio 2016, che ha risolto un peculiare caso di responsabilità del professionista delegato in una procedura esecutiva immobiliare, per omessa vigilanza sull’attività dei propri collaboratori.
In particolare è accaduto che una Banca, creditore procedente in una procedura esecutiva immobiliare presso il Tribunale di Avellino, all’esito dell’approvazione del progetto di distribuzione, apprendeva dal professionista delegato alla vendita che le somme ricavate erano state illecitamente prelevate da un collaboratore del suo studio, motivo per il quale il creditore promuoveva azione risarcitoria in danno del notaio, per il negligente espletamento delle attività a questo delegate dal Tribunale, reclamando la condanna del predetto al pagamento di una somma pari al credito vantato nella relativa procedura.
Il notaio, tempestivamente costituitosi, respingeva ogni addebito, deducendo di essere stato egli stesso vittima di raggiri posti in essere dal collaboratore infedele, chiamando in giudizio (in manleva) a sia il professionista “colpevole”, sia la Banca depositaria del denaro illecitamente prelevato, nonché l’assicurazione professionale.
Nel corso della – complessa – istruttoria, è emerso chiaramente che il notaio aveva provveduto ad aprire vari libretti nominativi, nei quali faceva confluire gli importi riferibili a diverse procedure esecutive già in tal modo creando una iniziale promiscuità che rendeva meno trasparente la gestione delle procedure, impedendo di avere immediatamente chiaro lo stato di avanzamento di ogni singola procedura.
Il professionista aveva poi incautamente custodito i libretti, consentendo – per ben quattro anni – al proprio collaboratore di avere accesso agli stessi e di recarsi presso la banca depositaria, laddove consegnava abitualmente “una distinta di versamento o prelievo, già compilata e già firmata dal notaio che veniva portata a mano dal delegato allo sportello”.
Il Tribunale, premessa la corretta configurazione del rapporto tra l’Autorità Giudiziaria ed il notaio delegato quale vera e propria “sostituzione” del secondo alla prima, tale da far discendere in capo al professionista la qualifica di pubblico ufficiale e la conseguente responsabilità per danno erariale (profilo che non rileva direttamente ai fini della causa de qua), ha correttamente inquadrato la responsabilità del professionista delegato verso i creditori come contrattuale (e non extracontrattuale qual è quella degli ausiliari del giudice ex art. 68 cpc).
Peraltro il professionista delegato, pur essendo un pubblico ufficiale, resta un soggetto privato che svolge un’attività professionale ai sensi degli artt.2229 e ss. c.c. “pertanto la delega potrebbe dar vita ad un rapporto analogo a quello che nasce dal contratto d’opera professionale (cosi già Trib. Avellino, ord. 17.10.2012, dott.ssa Di Paolo).
 
Ne consegue che il notaio delegato deve adempiere ed operare in ordine alla delega con la diligenza qualificata richiesta dalla funzione ex art. 1176 c.c. (art. 1176 comma 2 c.c.: nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata).
 
Né è di ostacolo il rilievo che secondo tale ricostruzione il rapporto si instaura solo con il giudice (che formalmente delega il notaio) alla luce della nota espansione della responsabilità da contatto”.
Parametrando poi la complessità delle attività di vendita alla competenza (elevata) del notaio, il Giudice ha ritenuto configurabile la responsabilità del professionista anche in caso di colpa lieve.
Nel caso di specie, la peculiarità della condotta del terzo (collaboratore di studio del notaio), benché pacificamente illecita ed in attesa di definizione in sede penale, non è valsa ad escludere la responsabilità diretta del professionista delegato, per vari ordini di ragioni.
In primis, il Tribunale ha notato che, ai sensi dell’art. 1228 cc, salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti doloso o colposi di costoro.
Mentre il comportamento dei terzi deve essere doloso o quantomeno colposo, il debitore risponde, infatti, della loro condotta per il solo fatto di essersi avvalso della loro opera.
Come chiarito dalla Cassazione nella sentenza del 1998, n. 11284, il notaio è obbligato ad eseguire personalmente l’incarico assunto – ed è perciò responsabile, ai sensi dell’art. 1228 cc, dei sostituti ed ausiliari di cui si avvale – con la specifica diligenza e perizia dovute per la professione che esercita, avuto riguardo al raggiungimento del risultato pratico perseguito.
La sua responsabilità rimane, dunque, sempre personale in difetto di mancata sorveglianza dell’operato del dipendente e discende direttamente del disposto di cui all’art. 1228 cc.
Nel caso di specie, poi, è apparsa evidente l’impossibilità di ritenere interrotto il nesso eziologico tra la condotta del notaio ed il danno patito dal creditore, in considerazione del fatto che la condotta del collaboratore “infedele” dovesse ritenersi prevedibile e prevenibile, non costituendo al contrario un fatto eziologico eccezionale, cui riconoscere la efficacia di causa sopravvenuta capace di ridurre la precedente condotta illegittima del notaio al rango di semplice occasione.
Sottolinea infatti il Tribunale: “è pacifico in giurisprudenza che la utilizzazione fraudolenta di un libretto di deposito da parte di chi lo detenga, senza esserne titolare e senza essere soggetto ad alcuna forma di controllo da parte del titolare (cui potremmo aggiungere la assenza di delega ad operare), non rappresenta affatto un avvenimento al di fuori della sfera di prevedibilità e prevenibilità di chi dovrebbe curare personalmente la custodia, la violazione del rapporto fiduciario essendo fenomeno abbastanza diffuso che induce di norma le persone prudenti ad evitare di affidare a terzi valori di cui questi, anche se con delle forzature, possono appropriarsi”.
Analogamente, in termini di concausa – e non di causa idonea ad interrompere la serie eziologica – è stata valutata la condotta della Banca depositaria, la quale aveva consentito al collaboratore “infedele” di prelevare ripetutamente le somme dai libretti intestati al notaio, pur essendo acclarata in sede di consulenza tecnica l’assenza di un rapporto di delega “a monte” e/o di singole deleghe “a valle”.
La mancata custodia e vigilanza da parte del notaio si pone, infatti, quale antecedente logico necessario al prodursi dell’evento dannoso.
Il Tribunale, quindi, ha accolto la domanda risarcitoria del creditore, condannando in solido il professionista delegato, il collaboratore e la banca depositaria al pagamento della somma che al creditore procedente sarebbe spettata in virtù del progetto di distribuzione, oltre spese di lite e manlevando il notaio che aveva chiamato in causa l’assicurazione professionale, al netto della franchigia contrattualmente prevista.
IL COMMENTO
La sentenza in esame presenta diversi profili di rilevante interesse, sia per la configurazione della responsabilità diretta del delegato, sia per l’approfondita ricostruzione dei rapporti tra l’attività del professionista e quella dei propri collaboratori, nonché per la puntuale analisi dell’incidenza delle concause e della ripartizione delle responsabilità.
Resta aperto il discorso – evidentemente fuori dalla cognizione del Giudice ordinario – del peculiare atteggiarsi del rapporto di servizio tra il delegato e l’amministrazione della giustizia, richiamato dal Tribunale come fonte di responsabilità erariale (ma al solo fine di differenziare in sede civile la posizione del professionista delegato da quella degli altri ausiliari ex art. 68 cpc), e se – ed in che termini – tale responsabilità possa comunicarsi all’organo delegante in presenza di ripetute condotte illecite da parte del delegato (o di un suo collaboratore).

Testo del provvedimento