ASSEGNO: ove privo di provvista, è obbligatoria la segnalazione in CAI

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm 

Il successivo pagamento di un assegno privo di provvista, anche nel caso in cui avvenga nei termine di sessanta giorni, dalla scadenza del termine di presentazione, e anche se la prova del pagamento avvenga mediante presentazione di quietanza del portatore con firma autenticata, è requisito sufficiente ad evitare il protesto, ma legittima comunque la segnalazione della Banca alla Centrale Allarme Interbancario, atteso che tale procedura è dovuta dalla Banca in ragione delle disposizioni della legge n. 386 del 15 dicembre 1990.

Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione civile, Pres. Giancola – Rel. Dolmetta con l’ordinanza dell’11.04.2017.

Nella fattispecie processuale ivi esposta, una società conveniva in giudizio una Banca ed in riferimento alla segnalazione compiuta dall’Istituto creditizio alla Centrale d’Allarme Interbancaria per aver l’attrice presentato alla medesima Banca un assegno privo della necessaria provvista, eccepiva l’illegittimità della segnalazione, chiedendone la cancellazione.

In particolare, l’attrice asseriva che sebbene l’assegno presentato alla Banca fosse privo di provvista la circostanza dell’avvenuto pagamento prima e la distruzione dello stesso titolo di credito, poi, fossero circostanze tali non solo ad evitare tanto il protesto, quanto la procedura che la Banca deve seguire in ragione delle disposizioni della legge 15 dicembre 1990, n. 386.

Sul punto, tanto il Giudice di prime cure, quanto la Corte d’Appello territorialmente competente rigettavano la doglianza della società attrice, ed in particolare, il collegio precisava che stante la presentazione alla banca di un assegno privo della necessaria provvista la circostanza che successivamente l’assegno venga «richiamato» se serve a evitare il protesto, non vale a paralizzare la procedura che la banca deve comunque porre in essere essendo necessaria la segnalazione alla CAI.

Di conseguenza, la Corte riteneva legittima, perché dovuta, la segnalazione compiuta dalla Banca alla Centrale d’Allarme Interbancaria respingendo, quindi, la domanda risarcitoria formulata dalla Società traente.

Avverso tale pronuncia, la società promuoveva ricorso per cassazione sulla base di due motivi di doglianza, ed in particolare I) sull’assunto della difformità della suddetta sentenza con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, in violazione della Circolare n.139/91 della Banca d’Italia e della legge n. 386/90; II) sull’omesso esame della circostanza che il titolo di credito fosse stato realmente distrutto ad opera dello stesso correntista.

Si costituiva in giudizio la Banca eccependo l’infondatezza delle avverse pretese, sottolineando la legittimità della segnalazione.

La Suprema Corte ha ritenuto inammissibili, in quanto infondati in fatto ed in diritto, i suindicati motivi di ricorso, ritenendo del tutto generica l’eccepita violazione della normativa della legge 386/90 ad opera della Corte d’Appello, precisando, nel merito, l’irrilevanza del ricorso in quanto non indica per quale profilo di tale normativa rileverebbe l’individuazione del soggetto che ha distrutto il titolo, e pertanto l’incensurabilità della decisione del collegio.

In definitiva, gli Ermellini hanno osservato che ai fini della non applicazione delle diverse sanzioni che sono previste dalla legge 386/90, è opportuno far riferimento all’art. 8 in quanto stabilisce che l’avvenuto pagamento dell’assegno, degli interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente nel termine di sessanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione, e pertanto la prova del pagamento avvenuto mediante presentazione di quietanza del portatore con firma autenticata, sebbene serve a evitare il protesto, non vale a paralizzare la procedura che la banca deve seguire in ragione delle disposizioni della legge stessa.

Alla luce delle suesposte argomentazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:

ISCRIZIONE CAI: L’OBBLIGO DI PREAVVISO NON È NECESSARIO PER LA REVOCA DELLA CARTA DI CREDITO

LA SEGNALAZIONE AL CAI HA EFFETTO INFORMATIVO

Ordinanza | Tribunale di Messina, dott.ssa Maria Carmela D’Angelo | 20.01.2016 |

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/iscrizione-cai-l-obbligo-di-preavviso-non-e-necessario-per-la-revoca-della-carta-di-credito

SEGNALAZIONE CENTRALE RISCHI: SI IMPONE ALLA BANCA UNA VALUTAZIONE PROGNOSTICA SULLE RAGIONI DELL’IMPEDIMENTO DEL CLIENTE

LA DIFFIDA DI PAGAMENTO E L’EMISSIONE DI UN DECRETO INGIUNTIVO NON SONO SUFFICIENTI A COMPROVARE L’INSOLVENZA DEL SOGGETTO

Ordinanza | Tribunale di Marsala, sezione feriale dott. Pasquale Russolillo | 05.08.2013

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/segnalazione-centrale-rischi-si-impone-alla-banca-una-valutazione-prognostica-sulle-ragioni-dell-impedimento-del-cliente


 

RIPETIZIONE INDEBITO: onere del correntista indicare le singole rimesse solutorie

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

L’azione di ripetizione di indebito presuppone la positiva individuazione dei periodi temporali e delle rimesse solutorie assertivamente non dovute, trattandosi di elementi costitutivi della domanda.

Il cliente ha l’onere di allegare e provare non soltanto l’indebito, ma anche lo spostamento patrimoniale, ossia la rimessa c.d. solutoria.

In caso di una domanda generica (senza quantum singole rimesse solutorie) si verifica una lesione del contraddittori in quanto la Banca non può individuare il termine di decorrenza della prescrizione.

L’azione di ripetizione di indebito non può essere esperita in presenza di un conto ancora aperto, poiché ad essere ripetibili sono le somme indebitamente pagate e non i meri addebiti illegali, né potrebbe dirsi utilmente proposta laddove il rapporto venga chiuso “in corso di giudizio”, poiché si tratterebbe non già di una semplice emendatio libelli, quanto, piuttosto, di una vera e propria mutatio della domanda avente ad oggetto una entità giuridica diversa rispetto a quella spiegata nell’atto di citazione.

Questi i principi espressi dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Giudice Giovanna Caso, con sentenza n. 2341 dell’11 luglio 2018.

Nella fattispecie processuale esaminata una SOCIETÀ SRL, con scrittura dell’1.12.2005, e i suoi garanti riconoscevano espressamente il proprio debito nei confronti della BANCA, impegnandosi al rimborso con versamenti mensili.

Successivamente, nel 2007, la suddetta società venne dichiarata fallita, pertanto in virtù di tale ragione di credito la BANCA otteneva decreto ingiuntivo in danno dei garanti, avverso il quale proponevano opposizione i fideiussori, al fine di far dichiarare:

– l’invalidità e la nullità parziale dei contratti di apertura di credito e di conto corrente iniziale e successivi oggetto del rapporto tra parte attrice e la Banca, particolarmente in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, dell’anatocismo trimestrale, della commissione di massimo scoperto, delle valute, delle competenze e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese e, di conseguenza determinare, a mezzo di Ctu, il Costo Effettivo Annuo dell’impugnato rapporto bancario, nonché il T.E.G. (Tasso effettivo Globale);

– accertare e dichiarare la nullità, l’inefficacia e l’invalidità delle clausole di pattuizione contrarie al disposto della legge 108/96, in quanto eccedenti il c.d. tasso soglia nel periodo trimestrale di riferimento, con l’effetto d’applicazione del tasso legale in regime di contabilizzazione semplice annuale;

conseguentemente condannare la BANCA alla restituzione delle somme indebitamente addebitate e riscosse fin dall’inizio dei rapporti, oltre agli interessi legali creditori in favore dell’istante.

Si costituiva la BANCA eccependo la nullità delle domande, in quanto gli attori avevano omesso di specificare le poste passive del conto corrente oggetto di causa, rispetto alle quali l’applicazione di interessi anatocistici e/o usurari avrebbe determinato esborsi maggiori rispetto a quelli dovuti.

Il Tribunale sulla base delle considerazioni svolte dalla BANCA precisava che era possibile applicare la sanzione della nullità ex art. 164, comma 4, c.c. non avendo gli attori indicato gli elementi costitutivi della domanda, ovvero le rimesse, l’esecuzione delle rimesse su conto scoperto e infine, il quantum delle singole rimesse solutorie.

Il Giudice rilevava, inoltre, che avendo il cliente l’onere di allegare e provare non soltanto l’indebito, ma anche lo spostamento patrimoniale, la BANCA non era stata oggettivamente posta in condizione di conoscere in maniera chiara ed univoca l’oggetto della controversia e conseguentemente di esercitare il proprio diritto alla difesa; per di più, non era possibile individuare, né da parte della BANCA, né da parte del giudice il termine di decorrenza della prescrizione.

Infine, il Giudicante precisava che la domanda di ripetizione di indebito non può essere recuperata con l’estinzione “in corso di giudizio” del conto corrente, poiché si tratterebbe di una vera e propria modifica della domanda avente ad oggetto una entità giuridica diversa rispetto a quella formulata nell’atto di citazione.

Per le sopra esposte ragioni il Tribunale rigettava la domanda, con conseguente condanna alle spese di lite.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:

RIPETIZIONE DI INDEBITO: SE IL CONTO È APERTO O VIENE CHIUSO IN CORSO DI CAUSA L’AZIONE È INAMMISSIBILE

INAMMISSIBILI ANCHE LE DOMANDE “PRESUPPOSTE” IN QUANTO L’INTERESSE AD ESSE SOTTESO NON PUÒ PRESCINDERE DALLA RICHIESTA RESTITUTORIA

Sentenza | Tribunale di Parma, Giudice Nicola Sinisi | 22.02.2018 | n.260

https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/ripetizione-di-indebito-se-il-conto-e-aperto-o-viene-chiuso-in-corso-di-causa-lazione-e-inammissibile

RIPETIZIONE INDEBITO: INAMMISSIBILE SE IL CONTO È APERTO AL MOMENTO DELLA PROPOSIZIONE DELLA DOMANDA

SOLO CON LA CHIUSURA DEL RAPPORTO È POSSIBILE DETERMINARE LA SUSSISTENZA DI PAGAMENTI IN THESI RIPETIBILI

Sentenza | Tribunale di Cosenza, Giudice Pasquale Maccarone | 19.03.2018 | n.626

https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/ripetizione-indebito-inammissibile-se-il-conto-e-aperto-al-momento-della-proposizione-della-domanda

RIPETIZIONE INDEBITO: LA CTU VA REVOCATA QUANDO NON È CONFERENTE E RISOLUTIVA

LA RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO IMPONE DI NON AGGRAVARE LA CAUSA CON ATTIVITÀ INUTILI ED IRRILEVANTI AI FINI DEL DECIDERE

Ordinanza | Tribunale di Avezzano, Giudice Andrea Dell’Orso | 16.04.2018 |

https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/ripetizione-indebito-la-ctu-va-revocata-quando-non-e-conferente-e-risolutiva


 

 

 

 

USURA-LEASING: gli interessi moratori e l’omessa e/o l’erronea indicazione del TAEG

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm 

È preclusa la possibilità di procedere ad una verifica in termini oggettivi del carattere usurario degli interessi moratori per mancata rilevazione del tasso soglia da parte dalla Banca d’Italia secondo le prescrizioni impartite dal Ministero delle Finanze, che possa fungere da parametro di liceità, in applicazione dell’art. 2 l. 108/1996. 

Gli interessi moratori giammai si aggiungono a quelli corrispettivi, bensì si sostituiscono a questi ultimi dal giorno della mora, alla luce di quanto disposto dall’art. 1224 c.c. 

L’omessa o l’erronea indicazione del TAEG non incide sulla validità del contratto ai sensi dell’art. 117 TUB. 

E valida una clausola relativa agli interessi convenzionali di mora che richiama l’EURIBOR in quanto si riferisce ad un parametro compiutamente determinabile ex ante che soddisfa senz’altro il requisito della determinabilità dell’oggetto del contratto, richiesto dall’art. 1346 c.c. in alternativa a quello della determinatezza, ai fini della validità del contratto medesimo. 

Il parametro EURIBOR è valido e non si pone in contrasto con norme imperative per cui una eventuale manipolazione non comporta alcuna nullità a maggior ragione se l’intermediario finanziario è del tutto estraneo all’intesa anticoncorrenziale.

Questi i principi espressi dal Tribunale di Verona, Giudice Camilla Fin, con sentenza n. 1473 pubblicata in data 21 giugno 2018.

Nella fattispecie processuale esaminata, una SOCIETÀ’ ed i suoi SOCI convenivano in giudizio una SOCIETÀ di LEASING, con la quale avevano sottoscritto un contratto di locazione finanziaria a tasso variabile, al fine di accertare:

– l’invalidità delle clausole determinative degli interessi del contratto in oggetto;

– l’anatocismo sia in applicazione del piano di ammortamento alla francese sia per effetto dell’applicazione degli interessi di mora sulle rate scadute;

– la mancata indicazione del TAEG;

chiedendo, per l’effetto del predetto accertamento, di rilevare la nullità delle clausole determinative dell’interesse corrispettivo e moratorio e dichiarare la gratuità del contratto de quo, con conseguente condanna della SOCIETA’ di LEASING alla restituzione di tutte le somme indebitamente percepite.

Si costituiva in giudizio la SOCIETA’ di LEASING, chiedendo il rigetto delle domande attoree, deducendo la manifesta infondatezza della domanda.

Il Giudice assegnava la causa in decisione senza disporre alcuna consulenza tecnico contabile.

In particolare il Giudicante ha ritenuto che la verifica in termini oggettivi e cioè matematici del carattere usurario degli interessi moratori è di fatto preclusa dalla mancanza di uno specifico tasso soglia rilevato trimestralmente dalla Banca d’Italia secondo le prescrizioni impartite dal Ministero delle Finanze, che possa fungere da parametro di liceità, in applicazione dell’art. 2 l. 108/1996.

Nel caso di specie, il Tribunale ha poi osservato che gli interessi moratori giammai si aggiungono a quelli corrispettivi, bensì si sostituiscono a questi ultimi dal giorno della mora, alla luce di quanto disposto dall’art. 1224 c.c.

In merito alla mancata indicazione in contratto del TAEG, il Tribunale ha rappresentato, come sostenuto dalla giurisprudenza maggioritaria, che l’omessa o l’erronea indicazione del TAEG non incide sulla validità del contratto ai sensi dell’art. 117 TUB, ma tuttalpiù può rilevare sotto il profilo della responsabilità precontrattuale.

Infine, il Giudice Veronese ha ritenuto che le clausole determinative dell’interesse corrispettivo e moratorio non potevano essere considerate nulle in base ad una presunta manipolazione del tasso EURIBOR effettuata tra il 2005 e il 2008 da parte di taluni istituti di credito europei, giacché il comma 2 dell’art. 101 TFUE sancisce espressamente la sola nullità degli accordi concorrenziali tra imprese elencati al comma 1, e non anche dei contratti stipulati, a valle, tra le imprese e gli utenti finali, ben evidenziando che l’intermediario era del tutto estraneo all’intesa anticoncorrenziale.

Per le ragioni esposte il Tribunale ha rigettato la domanda, con conseguente condanna al pagamento delle spese di lite.

Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:

USURA – LEASING: IMPOSSIBILE L’ACCERTAMENTO DELL’USURARIETÀ DEGLI INTERESSI DI MORA

IL SUPERAMENTO DEL TASSO SOGLIA VA VALUTATO IN RELAZIONE AI SOLI ELEMENTI RETRIBUTIVI DEL FINANZIAMENTO

Sentenza | Tribunale di Milano, Dott. Angelo Claudio Ricciardi | 27.09.2017 | n.9709

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-leasing-impossibile-laccertamento-dellusurarieta-degli-interessi-di-mora 

USURA-LEASING: GLI INTERESSI DI MORA SONO IRRILEVANTI AI FINI DELLA L. 108/96

NON COSTITUISCONO COSTI COLLEGATI ALL’ EROGAZIONE DEL CREDITO DA INCLUDERE NEL CALCOLO DEL TEGM

Sentenza | Tribunale di Roma, Giudice Dott.ssa Maria Luparelli | 24.10.2017 | n.20067

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-leasing-gli-interessi-di-mora-sono-irrilevanti-ai-fini-della-l-10896

LEASING : IL PIANO DI AMMORTAMENTO “ALLA FRANCESE” NON IMPLICA ANATOCISMO

IL CALCOLO DEGLI INTERESSI DI REGOLA È EFFETTUATO SUL CAPITALE RESIDUO

Sentenza | Tribunale di Brescia, Dott.Stefano Franchioni | 14.09.2016 | n.2677

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/leasing-il-piano-di-ammortamento-alla-francese-non-implica-anatocismo

OPPOSIZIONE ESECUZIONE USUCAPIONE: La disponibilità esclusiva, quale unico detentore delle chiavi, è insufficiente

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

Nell’ambito di una opposizione all’esecuzione relativa procedura esecutiva immobiliare, ai fini della prova dell’usucapione, il certificato di residenza storica prodotto dall’opponente non costituisce un elemento congruo ed univoco.

Non è sufficiente per ottenere la sospensione della procedura una mera dichiarazione circa la disponibilità esclusiva del cespite riconducibile ad una mera detenzione del bene, dovendo dimostrare il possesso pubblico, pacifico, continuato ed ininterrotto dell’immobile per oltre un ventennio, tale da determinarne l’acquisto per usucapione;

Questi i principi espressi dal Tribunale di Napoli, Giudice Maria Rosaria Giugliano, con l’ordinanza del 07.06.2018.

Un terzo proponeva opposizione ex art. 615 cpc ad una procedura esecutiva deducendo di essere titolare del diritto di proprietà per usucapione di un locale deposito (attualmente casotto per il ricovero di materiale, in precedenza guardiola del portiere) facente parte di un intero fabbricato, dichiarando di averne l’esclusiva disponibilità, in quanto unico detentore delle chiavi e di goderne sin dall’età infantile, essendo parte di un intero fabbricato dove risiedeva con la famiglia, allegando anche il certificato di residenza e dichiarando, infine, di non aver avuto alcuna contestazione circa il suddetto diritto di proprietà.

Il Giudice dell’esecuzione rilevava che il certificato di residenza storica allegato dal terzo opponente non costituiva un elemento adeguato, considerato che la destinazione funzionale del bene e la consistenza escludevano che lo stesso fosse adibito ad abitazione di un nucleo familiare, come, invece, affermava l’opponente.

Infatti, dai titoli di provenienza dell’immobile si evinceva che lo stesso era sempre stato adibito a portineria, in altri termini l’opponente avrebbe dovuto allegare sin dall’inizio elementi tesi a dimostrare una diversa destinazione funzionale, nonché di aver posseduto detto immobile in ragione del servizio di portierato.

Il Giudice non ha contestato la disponibilità esclusiva delle del casotto, ma ha sottolineato che la stessa provava semplicemente la detenzione attuale del bene da parte del debitore, rimanendo, pertanto, del tutto indimostrato il possesso pubblico, pacifico, continuato ed ininterrotto dell’immobile per oltre un ventennio.

Per tali ragioni, il Giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza di sospensione del procedimento, condannando il debitore esecutato alle spese di lite, disponendo la vendita del bene pignorato.

 Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:

OPPOSIZIONE ESECUZIONE USUCAPIONE: MANCA IL FUMUS SE IL TERZO NON HA PROPOSTO UN PRECEDENTE GIUDIZIO

NON È SUFFICIENTE LA MERA DICHIARAZIONE IN VIRTÙ DEL POSSESSO ULTRAVENTENNALE ANIMO DOMINI

Ordinanza | Tribunale di Avellino, Giudice Gaetano Guglielmo | 08.05.2018 |

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/opposizione-esecuzione-usucapione-manca-il-fumus-se-il-terzo-non-ha-proposto-un-precedente-giudizio


 

ATP EX ART. 696 CPC: non è ammissibile per accertare eventuali interessi usurari e anatocistici

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

L’accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c. è un procedimento di natura cautelare, che non ha alcuna funzione conciliativa e richiede l’urgenza causata dal rischio di dispersione delle prove.

Tale procedimento non è ammissibile per i rapporti bancari in quanto non vi è alcun motivo che potrebbe comportare la dispersione di documenti contrattuali in ragione dei relativi obblighi di conservazione da parte della Banca.

Questi i principi espressi dal Tribunale di Teramo, Presidente Alessandro Iacoboni, con ordinanza dell’11.06.2018.

Nella fattispecie in esame un cliente proponeva un accertamento tecnico preventivo, ai sensi dell’art.696 c.p.c. nei confronti di una Banca, con la quale aveva stipulato un contratto di mutuo ipotecario al fine di accertare l’applicazione di eventuali interessi usurari e anatocistici.

Sul punto il Magistrato ha osservato che, l’accertamento tecnico preventivo, come si evince dal testo normativo, fa espresso richiamo a specifiche condizioni di urgenza causate dal rischio di dispersione delle prove.

Il Tribunale ha rilevato che non esisteva alcun motivo che avrebbe potuto provocare la dispersione dei documenti, in quanto la Banca aveva precisi obblighi di conservazione dei contratti per cui gli stessi potevano essere acquisiti ed esaminati in qualsiasi momento.

Tale ragione di urgenza non era in alcun modo stata nè dedotta né tantomeno dimostrata dal ricorrente.

Alla luce delle sopraesposte considerazioni, il Giudice ha ritenuto il ricorso manifestamente inammissibile, condannando il ricorrente alla rifusione delle spese di lite.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:

ATP EX 696 BIS CPC: INAMMISSIBILE PER LA VERIFICA DI ANATOCISMO O NULLITÀ CONTRATTUALI

TALI QUESTIONI PRESUPPONGONO LA SOLUZIONE DI QUESITI GIURIDICI CHE NON POSSONO ESSERE DEMANDATI AL CTU

Ordinanza | Tribunale di Genova, Pres. Enrico Ravera | 10.05.2018 |

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/atp-ex-696-bis-cpc-inammissibile-per-la-verifica-di-anatocismo-o-nullita-contrattuali-2

ATP 696-BIS CPC: INAMMISSIBILE IN CASO DI CONTRASTO SU QUESTIONI GIURIDICHE COMPLESSE

L’ACCERTAMENTO VERTENTE SU QUESTIONI DI DIRITTO NON PUÒ ESSERE DEMANDATO AL CONSULENTE TECNICO

Ordinanza | Tribunale di Roma, Giudice Margherita Libri | 16.02.2018 |

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/atp-696-bis-cpc-inammissibile-in-caso-di-contrasto-su-questioni-giuridiche-complesse

ATP 696-BIS C.P.C.: INAMMISSIBILE PER ACCERTAMENTO USURA O VIOLAZIONE DELLA TRASPARENZA BANCARIA

TRATTASI DI QUESTIONI GIURIDICHE COMPLESSE CHE NON POSSONO ESSERE RISOLTE DAL CTU

Ordinanza | Tribunale di Catanzaro, Pres. Maria Concetta Belcastro | 31.10.2017 |

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/atp-696-bis-c-p-c-inammissibile-accertamento-usura-violazione-della-trasparenza-bancaria

ATP: INAMMISSIBILE PER VERIFICARE ISC DIVERGENTE SU MUTUO

NON È POSSIBILE DEVOLVERE AL PERITO VALUTAZIONI DI NATURA GIURIDICA RELATIVE A INTERPRETAZIONE NORMATIVA T.U.B.

Ordinanza | Tribunale di Firenze, Dott.ssa Ada Raffaella Mazzarelli | 07.06.2017 |

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/atp-inammissibile-per-verificare-isc-divergente-su-mutuo

 

 

USURA: inattendibile perizia econometrica su TEMO. Condanna alle spese € 13.430,00

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm 

Gli interessi moratori non vengono rilevati dalla legge in considerazione della loro differente natura di prestazione non necessaria, ma solo eventuale, in quanto destinata a operare solo in caso di inadempimento del mutuatario, nonché in ragione della funzione non corrispettiva, ma risarcitoria del danno derivante dall’inadempimento e, quindi, di una funzione che può portare a quantificare la pattuizione in forza di variabili e di componenti estremante eterogenee e non strettamente e direttamente collegate al costo del denaro e all’erogazione del credito. 

È inattendibile la perizia econometrica con riferimento alla pretesa di determinare un tasso effettivo di mora, dal momento che tale nozione muove dal presupposto di sommare spese e oneri agli interessi moratori, effettuando una analogia con il concetto di Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG), senza tenere conto che quest’ultimo parametro ha logica solo se riferito agli interessi corrispettivi e agli oneri accessori all’erogazione del credito, dovendo escludere tale accessorietà degli oneri rispetto all’interesse moratorio, che invece dipende non dall’erogazione del credito, quanto piuttosto dall’inadempimento del debitore. 

È’ destituita di fondamento ed arbitrario l’operazione di ipotizzare un ritardo nel pagamento della prima rata di ammortamento di 29 giorni e di rapportare poi la mora così maturata alla sola quota capitale della prima rata non pagata tempestivamente. 

La pretesa di calcolare un tasso effettivo di mora non ha alcuna base normativa ed è assolutamente priva di attendibilità in quanto la sommatoria tra interessi corrispettivi ed interessi moratori è priva di qualsiasi attendibilità scientifica e logica, prima ancora che giuridica, in quanto si raffronterebbero fra di loro valori disomogenei.

Questo il principio espresso dal Tribunale di Napoli Nord, Giudice Giovanni Di Giorgio, con la sentenza n.1169 del 26.04.2018.

Nella fattispecie processuale esaminata due Clienti agivano in giudizio contro una Banca con la quale avevano stipulato un contratto di mutuo rispetto al quale lamentavano l’applicazione di interessi usurari, nonché l’indeterminatezza dell’ISC.

Resisteva la Banca che chiedeva il rigetto delle domande di parte attrice.

In primo luogo, il Tribunale ha rilevato che le parti svolgevano il tentativo obbligatorio di mediazione, che si concludeva con esito negativo a causa della mancata partecipazione della Banca, la quale non forniva alcuna motivazione per giustificare la sua assenza.

Nel merito il Giudice ha sottolineato l’esigenza di fornire una corretta interpretazione della nota sentenza della Cassazione n. 350/2013, che la parte attrice richiamava a sostegno della propria pretesa, invero con la suddetta pronuncia la Corte chiariva che anche la pattuizione relativa al saggio degli interessi moratori deve essere oggetto di valutazione in ordine al superamento del tasso soglia, ma tale accertamento non può derivare dalla sommatoria di tassi.

Sul punto, l’applicazione congiunta dei tassi nel medesimo periodo temporale è esclusa, in quanto gli interessi convenzionali e moratori sono tra loro ontologicamente differenti e incompatibili anche in ordine alla diversa funzione remuneratoria e sanzionatoria che assolvono.

Peraltro, anche le istruzioni della Banca d’Italia escludono i tassi di mora nel calcolo del TEG, in quanto diversamente opinando si raffronterebbero fra di loro valori disomogenei, posto che gli interessi moratori sono obbligazioni pecuniarie eventuali destinati ad operare solo in caso di inadempimento del mutuatario.

Pur tuttavia, se è vero che anche gli interessi moratori sono suscettibili di usurarietà il legislatore non ha ancora disciplinato un tasso soglia specifico, tale vuoto normativo, in attesa di uno specifico intervento, è stato colmato dalla Banca d’Italia con la nota di chiarimento in materia di applicazione della legge antiusura del 03.07.13 ha precisato che la soglia a cui raffrontare i tassi previsti per gli interessi di mora deve venire calcolata in base ai criteri dettati dai decreti ministeriali con maggiorazione di 2,1 punti percentuali.

Inoltre, la parte attrice deduceva il superamento del tasso soglia anche in relazione al solo tasso effettivo di mora (cd. T.E.MO.), a prescindere cioè dal tasso nominale di mora contrattualmente convenuto.

Sul punto, ai fini del calcolo del tasso effettivo occorre la conoscenza ex ante degli interessi pagati, che non è evidentemente possibile in caso di mora, essendo un costo eventuale e incerto del quale non si conosce né la base di calcolo, né la durata. 

Più nello specifico, la pretesa di calcolare un tasso effettivo di mora non aveva alcuna base normativa e risultava inattendibile, dal momento che tale nozione muove dal presupposto di sommare spese e oneri agli interessi moratori, effettuando una analogia con il concetto di Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG), senza tenere conto che quest’ultimo parametro ha logica solo se riferito agli interessi corrispettivi e agli oneri accessori all’erogazione del credito, dovendo escludere tale accessorietà degli oneri rispetto all’interesse moratorio, che invece dipende non dall’erogazione del credito, quanto piuttosto dall’inadempimento del debitore. 

Tenuto conto delle suddette argomentazioni, il Giudice ha rilevato che le pattuizioni contrattuali risultavano lecite non sussistendo alcun superamento del valore soglia.

Quanto all’indeterminatezza dell’ISC e alla censura di parta attrice secondo cui sarebbe stato applicato un tasso diverso rispetto a quello pattuito, il Tribunale ha precisato che un’eventuale difformità non comporta l’applicazione dell’art. 117 co. 7 lett. a) TUB.

Più nello specifico, l’ISC non costituisce un costo da applicare al contratto di finanziamento, ma svolge unicamente una funzione informativa finalizzata a mettere il cliente nella posizione di conoscere il costo totale effettivo del prestito prima di accedervi.

In altri termini, l’ISC costituisce un mero elemento informativo e non una regola di validità da cui deriverebbe la nullità del contratto.

Alla luce delle suesposte considerazioni il Tribunale ha rigettato la domanda dei Clienti con condanna alle spese di lite, nonché condanna della Banca al versamento all’entrata del bilancio dello Stato per non aver partecipato al procedimento di mediazione.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:

USURA: NON È POSSIBILE CALCOLARE UN TAEG CHE COMPRENDA ANCHE GLI INTERESSI DI MORA (CD. TEMO)

NELL’ATTUALE ASSETTO NORMATIVO UN SIMILE VALORE NON È NORMATO, NÉ RILEVATO.

Sentenza | Tribunale di Milano, Giudice Ambra Carla Tombesi | 11.01.2018 | n.220

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-non-e-possibile-calcolare-un-taeg-che-comprenda-anche-gli-interessi-di-mora-cd-temo 

USURA: INFONDATA LA PRETESA DI SOMMARE INTERESSI CORRISPETTIVI E MORATORI

È DEL TUTTO INATTENDIBILE LA DETERMINAZIONE DI UN TASSO EFFETTIVO DI MORA (CD. TEMO)

Sentenza | Tribunale di Pavia, Dott.ssa Laura Cortellaro | 31.10.2017 | n.1668

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-infondata-la-pretesa-di-sommare-interessi-corrispettivi-e-moratori 

USURA: IRRILEVANTI GLI INTERESSI MORATORI PER LA MANCANZA DI UN VALIDO TERMINE DI RAFFRONTO

LA PRETESA DI CONFIGURARE UN TASSO EFFETTIVO DI MORA (CHIAMATO T.E.MO) NON È CONDIVISIBILE

Sentenza | Tribunale di Milano, Dott. Francesco Ferrari | 16.02.2017 | n.16873

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-irrilevanti-gli-interessi-moratori-la-mancanza-un-valido-termine-raffronto

RIMBORSO ONERI: escluso per i contratti stipulati ante 2010

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

Il novellato art. 125 sexies TUB non è suscettibile di applicazione retroattiva, pertanto rispetto ai contratti definiti e risolti anticipatamente rispetto alla data di entrata in vigore della normativa più favorevole, deve escludersi la legittimità della richiesta di restituzione dei costi e delle commissioni trattenute dagli Istituti di Credito e di finanziamento, perché, diversamente, si violerebbe il principio di cui all’art. 11 preleggi.

La clausola contrattuale che prevede l’esclusione del diritto al rimborso dei costi, in caso di estinzione anticipata del contratto da parte del consumatore, ove formulata in modo chiaro ed inequivoco, è pienamente legittima e non vessatoria.

Questi i principi espressi dal Giudice di Pace di Napoli, dott.ssa Pasqualina Martone con la sentenza n.2936 del 08.01.2018.

Nella fattispecie processuale esaminata un cliente agiva in giudizio contro una Banca con la quale aveva stipulato un contratto di prestito, rispetto al quale chiedeva di accertare e dichiarare la vessatorietà di una clausola che escludeva il diritto del contraente al rimborso delle commissioni e del premio assicurativo in caso di estinzione anticipata del contratto, nonché la condanna della Banca alla restituzione di quanto indebitamento riscosso.

Resisteva in giudizio la Banca che chiedeva il rigetto della domanda per infondatezza.

Il Magistrato onorario si è soffermato sul diritto dell’attore ad ottenere il rimborso degli oneri assicurativi, sottolineando che in riferimento alle polizze assicurative stipulate nell’ambito di un contratto di credito, non si applicava la prescrizione breve prevista dal c.c. in materia di assicurazioni, in quanto nel caso di estinzione anticipata del credito e della successiva richiesta di rimborso del premio assicurativo, rilevavano diritti derivanti da un contratto di credito.

In altri termini, la prescrizione del diritto al rimborso del premio assicurativo versato alla sottoscrizione del contratto e non goduto per il residuo periodo di copertura ha durata decennale e decorre dalla data di estinzione anticipata del prestito.

Nel caso di specie il diritto che l’attore esercitava non era prescritto, ma la sua richiesta di rimborso non poteva trovare fondamento nel novellato art. 125 TUB, in quanto il contratto di finanziamento era stato sottoscritto nel 2003 ed estinto nel 2007, pertanto l’art. 125 TUB applicabile ratione temporis era quello precedente alla riforma del D.lgs. 141/2010, entrata in vigore il 19.09.2010, che nella sua formulazione originaria prevedeva che “se il consumatore esercita la facoltà di adempimento anticipato, ha diritto a un’equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR”.

Sul punto, il Giudice di Pace ha affermato che il novellato art. 125 sexies TUB non è suscettibile di applicazione retroattiva, pertanto rispetto ai contratti definiti e risolti anticipatamente rispetto alla data di entrata in vigore della normativa più favorevole, deve escludersi la legittimità della richiesta di restituzione dei costi e delle commissioni trattenute dagli Istituti di Credito e di finanziamento, perché, diversamente, si violerebbe l’art. 11 delle Preleggi secondo cui “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”.

Ciò posto, il giudicante ha riportato integralmente le argomentazioni esposte nella sentenza del Tribunale di Torino n. 1823 del 04.04.2017, secondo cui le commissioni spettanti al mediatore creditizio, alla quale la cedente si è rivolta a copertura di tutte le attività di ricerca e mediazione definite con il prestito, non sono da ritenersi rimborsabili, trattandosi di compensi maturati per attività definitivamente esauritesi al momento della stipulazione del contratto di finanziamento e quindi da conteggiare una tantum al momento della stipulazione del contratto.

Altresì, è escluso anche il rimborso pro quota delle “commissioni previste a copertura delle attività preliminari e conclusive del prestito“.

Infine, in merito alla dedotta vessatorietà, ai sensi del Codice del Consumo, della clausola contrattuale prevedente l’esclusione del diritto al rimborso dei detti costi, il Giudice di Pace ha precisato che la prevista pattuizione, in quanto formulata in modo chiaro ed inequivoco, doveva ritenersi pienamente legittima e non vessatoria e quindi sanciva, in concreto, il diritto del finanziatore a trattenere determinate quote del corrispettivo versato in caso di estinzione anticipata del contratto da parte del consumatore.

Per questi motivi nella fattispecie de qua, essendo intervenuta l’estinzione anticipata del credito prima dell’entrata in vigore dell’art. 125 sexies T.U.B., il Magistrato onorario ha ritenuto legittima la restituzione dei soli interessi scalari residui.

Alla luce delle suesposte considerazioni il Giudice di Pace ha rigettato la domanda attorea compensando le spese di lite.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:

RIMBORSO ONERI: NON PUÒ ESSERE APPLICATO L’ART. 125 SEXIES TUB AI CONTRATTI STIPULATI ANTE 2010 IN VIRTÙ DEL PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITÀ DELLE LEGGI

ESCLUSO IL RIMBORSO PER I FINANZIAMENTI ESTINTI ANTE LEGGE 221/2012

Tribunale di Teramo, Giudice Paolo Andrea Vassallo | 18.09.2017 |

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/rimborso-oneri-non-puo-applicato-lart-125-sexies-tub-ai-contratti-stipulati-ante-2010-virtu-del-principio-irretroattivita-delle-leggi

RIMBORSO ONERI: ESCLUSA RIPETIZIONE PREMIO ASSICURATIVO PER CONTATTI CONCLUSI ANTE L.221/2012

LA NUOVA DISCIPLINA NON HA EFFETTI RETROATTIVI

Sentenza | Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Dott. Marco Pugliese | 15.11.2017 | n.3786

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/rimborso-oneri-esclusa-la-ripetizione-premio-assicurativo-contatti-conclusi-ante-l-2212012

RIMBORSO ONERI: ESCLUSO PER CONTRATTI ESTINTI ANTE 2010

L’ART. 125-SEXIES T.U.B. NON È SUSCETTIBILE DI APPLICAZIONE RETROATTIVA

Sentenza | Giudice di Pace di Torre Annunziata, Dott.ssa Giovanna Cellini | 05.02.2018 | n.1443

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/rimborso-oneri-escluso-contratti-estinti-ante-2010


 

PROCEDURA: contraria alla lealtà processuale l’esecuzione da parte dell’appellato della sentenza ultrapetita

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

La provvisoria esecutività della sentenza di condanna resa a fronte di una domanda di mero accertamento del dare /avere formulata in primo grado, in quanto ultrapetita, va sospesa. 

La condotta dell’appellato che ponga in esecuzione un capo della sentenza che sia prima facie non conforme alle domande formulate in primo grado, è contrario a lealtà processuale ed inoltre rende plausibile il pericolo di possibili condotte volte a rendere difficoltoso il recupero delle somme che fosse eventualmente condannato a restituire alla banca in caso di accoglimento dell’appello. 

Sussiste l’interesse pubblico di evitare il dispiego di attività processuale in azioni esecutive che, ad una sommaria analisi, appaiono non sostenute da un titolo valido, al fine di garantire la ragionevole durata del processo.

Questi i principi espressi dalla Corte D’Appello dell’Aquila, Pres. Rel. Nicoletta Orlandi in data 22/05/2018.

Nella fattispecie considerata, un cliente agiva in danno di un intermediario per ottenere l’accertamento la differenza fra quanto da questi versato a titolo di interessi corrispettivi contrattualmente pattuiti e quanto da lui dovuto mediante applicazione dei tassi previsti dall’art. 117 TUB, previa compensazione con i canoni ancora non versati.

Il Tribunale erroneamente accoglieva la domanda, disponendo la condanna dell’intermediario al pagamento della somma oggetto di accertamento.

Successivamente l’intermediario proponeva appello, chiedendo la sospensione della efficacia esecutiva della sentenza, rilevando la violazione del principio di cui all’ art 112 c.p.c.

Nelle more della discussione il cliente iniziava una esecuzione forzata.

La Corte ha ritenuto che prima facie non appariva infondata la deduzione dell’appellante di nullità per ultrapetizione del capo di condanna della sentenza impugnata, alla luce delle conclusioni formulate dal cliente in primo grado, aventi ad oggetto la domanda di accertamento delle partite di dare/avere relative al rapporto intercorso con la controparte e non già di condanna alla restituzione delle somme indebitamente versate.

Nel contempo ha ritenuto come contrario al principio di lealtà processuale da parte dell’appellato l’aver posto in esecuzione un capo della sentenza che, ad una prima lettura, sembra non conforme alle domande formulate in primo grado.

La Corte ha ben sottolineato che sussiste sempre l’interesse pubblico di evitare il dispiego di attività processuale in azioni esecutive che, ad una sommaria analisi, appaiono non sostenute da un titolo valido, al fine di garantire la ragionevole durata del processo.

Alla luce di tali argomentazioni il Collegio si ha disposto la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata.


 

USURA-MUTUO: la clausola di salvaguardia per il tasso di mora esclude ogni profilo di illegittimità

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

La cd. clausola contrattuale di salvaguardia per la determinazione del tasso di mora che prevede espressamente la riduzione automatica al tasso soglia elide sin dall’origine ogni profilo di usura.

Ove, al momento della promissio, la misura degli interessi di mora sia superiore al limite fissato ai sensi dell’art. 2 comma 4 della l. 7/3/1996 n. 108, la clausola di salvaguardia li riduce automaticamente al limite soglia.

Questi i principi espressi dal Tribunale di Napoli Nord, Giudice Maria Grazia Lamonica, con la sentenza n.1425 del 22.05.2018.

Nella fattispecie processuale esaminata un Cliente agiva in giudizio contro una Banca con la quale aveva stipulato un contratto di mutuo fondiario rispetto il quale lamentava l’applicazione di interessi usurari e per l’effetto chiedeva la restituzione dell’indebito.

Si costituiva in giudizio la Banca che chiedeva il rigetto della domanda attorea.

Più nello specifico, il Cliente deduceva l’usurarietà del contratto di mutuo fondiario, in quanto sommando tutti i costi (TAEG+ MORA+ PENALI) risultava un TEG contrattuale superiore al tasso soglia, con conseguente gratuità del mutuo ex art. 1815 secondo comma c.c.

Sul punto, il Tribunale ha osservato che la tesi attorea che postulava la cd. sommatoria di tassi risultava erronea, in quanto gli interessi di mora non sono considerati ai fini dell’individuazione del tasso medio praticato, vale a dire che sono esclusi dalla base di calcolo della soglia d’usura.

A tal riguardo, il TEG rappresenta un indice del costo annuale del contratto ed in esso vanno compresi tutti gli oneri annuali sostenuti dal mutuatario, tra questi non vi rientrano gli interessi di mora che, viceversa, trovano applicazione nell’eventualità in cui il mutuatario non paghi le rate di ammortamento.

In altri termini, gli interessi di mora possono rientrare nel calcolo del TEG solo nella misura in cui essi siano stati concretamente addebitati al mutuatario inadempiente.

In termini ancor più espliciti il Magistrato ha rilevato che il tasso di mora indicato in contratto avrebbe inciso per l’intero nel TEG solo nell’ipotesi limite in cui il mutuatario fosse stato inadempiente sin dal primo giorno della prima rata, per tutte le rate seguenti e per l’intero periodo di ammortamento.

Applicando tali principi al caso in esame, il tasso di mora del 6,40 % che la parte attrice indicava nell’atto introduttivo avrebbe inciso per l’intero sul TEG solo nel caso di inadempimento totale del contratto.

Sul punto, il Tribunale ha avuto cura di precisare che l’impostazione da lui accolta non risultava in contrasto con il recente orientamento espresso dalle S.U. sull’irrilevanza dell’usura sopravvenuta in quanto l’usurarietà dipenderebbe dall’illiceità degli interessi di mora originariamente pattuiti per il superamento della soglia vigente all’epoca della conclusione del contratto.

L’unica peculiarità consiste nel fatto che, per gli interessi di mora, il controllo di usurarietà non può essere fatto ex ante, ma solo successivamente alla concreta applicazione della clausola che ne stabilisce la misura.

In virtù di tali considerazioni l’impostazione metodologica seguita dall’attore non risultava corretta neanche con riguardo alla penale di estinzione anticipata che non costituisce un corrispettivo del mutuate per la messa a disposizione del denaro, bensì la remunerazione per il minor guadagno dovuto all’esercizio del diritto potestativo del mutuatario di estinguere anticipatamente il rapporto.

Ebbene, mentre il mutuatario risulta sin dall’inizio obbligato al pagamento degli interessi corrispettivi e degli altri oneri connessi all’erogazione del credito, che in quanto costi sono inclusi nel TEG, la penale di estinzione anticipata si applica solo qualora il mutuatario scelga di avvalersi dell’opzione di estinguere anticipatamente il rapporto.

Ne consegue che anche tale clausola non può essere inclusa nel TEG, identificandosi come elemento accidentale ed eventuale del rapporto contrattuale.

Neppure risultava meritevole di pregio la deduzione formulata da parte attrice secondo cui nel caso di specie sarebbe stato lo stesso regolamento contrattuale a prevedere una sommatoria tra interessi corrispettivi e di mora.

Invero, dal momento dell’inadempimento della rata le due originarie obbligazioni pecuniarie di capitale ed interessi si trasformano in un unico debito su cui operano gli interessi di mora.

Peraltro, nel caso di specie il regolamento contrattuale prevedeva una clausola volta ad elidere ogni possibile addebito illegittimo.

Più nello specifico l’art. 6 del contratto di mutuo statuiva che la misura degli interessi di mora, al momento della promissio, non poteva mai essere superiore al limite fissato ai sensi dell’art. 2 comma 4 della l. 7/3/1996 n. 108, dovendosi intendere, in caso di teorico superamento di detto limite, che la loro misura si riduceva automaticamente al limite soglia.

In altri termini, il contratto di mutuo controverso prevedeva una clausola di salvaguardia che evitava ab origine l’applicazione di interessi di mora usurari.

Inoltre, i criteri di matematica finanziaria utilizzati dalla parte attrice erano privi di valenza normativa riferendosi a costi fittizi ed ipotetici, non verificabili nel caso di specie, pertanto se ne deduceva la carenza dell’impianto probatorio, che neppure poteva essere colmato attraverso l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio di carattere meramente esplorativo.

Il Tribunale ha poi rilevato che la parte attrice non aveva neppure provato la sussistenza dell’usura soggettiva, infatti, nessuna deduzione o prova veniva fornita in ordine alla sussistenza di condizioni di difficoltà economica o finanziaria del mutuatario.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale ha rigettato la domanda di parte attrice con condanna alle spese.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:

USURA: VALIDA LA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA CHE PREVEDE LA RICONDUZIONE INTRA – SOGLIA DEI TASSI DI MORA CONVENUTI

COSÌ STRUTTURATA LA PATTUIZIONE NON VIOLA LA RATIO DELLA L. 108/1996

Sentenza | Tribunale di Napoli, Giudice Ettore Pastore Alinante | 09.02.2018 | n.1476

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-valida-la-clausola-di-salvaguardia-che-prevede-la-riconduzione-intra-soglia-dei-tassi-di-mora-convenuti

USURA: VALIDA LA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA PREDISPOSTA NELLA STIPULA DI UN CONTRATTO DI MUTUO

LA NULLITÀ DI CUI ALL’ART. 1344 C.C. OPERA SOLO NEL CASO PATTUIZIONE TESA AD ELUDERE DIVIETO DELLA L. 108/96

Sentenza | Tribunale di Pavia, Dott. Laura Cortellaro | 21.03.2017 | n.494

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-valida-la-clausola-salvaguardia-predisposta-nella-stipula-un-contratto-mutuo

USURA: LA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA CONTIENE IN AUTOMATICO GLI INTERESSI ENTRO IL TASSO SOGLIA

LA PREVISIONE CONTRATTUALE ESCLUDE LA SANZIONE DELLA GRATUITÀ DEL MUTUO

Ordinanza | Tribunale di Rimini, dott. Rosario Lionello Rossino | 14.03.2015 |

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-la-clausola-di-salvaguardia-contiene-in-automatico-gli-interessi-entro-il-tasso-soglia

 


 

LEASING: inammissibile la tutela cautelare per la sospensione della vendita del bene locato

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

E inammissibile per difetto del periculum in mora un ricorso di urgenza sul presupposto che la vendita del bene avrebbe pregiudicato il diritto dell’utilizzatore ad ottenere il riscatto, in vista di una futura azione di merito atteso che la tutela cautelare è ammissibile solo per i diritti assoluti minacciati da pregiudizio grave ed irreparabile e non per quelli di natura esclusivamente patrimoniale, pacificamente suscettibili di reintegrazione per equivalente.

Questo il principio espresso dal Tribunale di Avellino, Giudice Maria Cristina Rizzi con l’ordinanza resa in data 21.05.18.

Nella fattispecie in disamina nell’ambito di un rapporto di locazione finanziaria risoltosi per inadempimento dell’utilizzatore, lo stesso agiva in via d’urgenza chiedendo che fosse sospesa la procedura di vendita dell’imbarcazione oggetto del contratto, in quanto “lesiva delle proprie legittime pretese” in vista del giudizio per l’accertamento del proprio diritto ad ottenere il riscatto del natante.

Si costituiva la Concedente eccependo la mancata individuazione e l’insussistenza del periculum in mora e del fumus boni iuris, essendosi il ricorrente limitato a denunciare il pericolo di una lesione delle proprie legittime pretese senza nemmeno procedere alla loro individuazione.

Il Giudice, concordando con le prospettazioni della resistente, ha rilevato che in punto di periculum in mora, nessun elemento era stato prospettato in ricorso, essendosi limitato a dedurre l’istante che la vendita del natante avrebbe pregiudicato il proprio diritto ad ottenere il riscatto della imbarcazione, in vista di una futura azione di merito, unitamente a quella di tipo risarcitorio, che avrebbe proposto, con evidente riferimento a diritti di natura esclusivamente patrimoniale, pacificamente suscettibili di reintegrazione per equivalente.

In proposito il Tribunale ha specificato che la tutela cautelare è ammissibile solo a tutela di diritti assoluti minacciati da pregiudizio grave ed irreparabile nelle more del giudizio ordinario e mai a tutela di diritti di credito o di natura obbligatoria in senso ampio, con la conseguenza che la tutela d’urgenza volta ad impedire l’inadempimento contrattuale, rimane sempre ipotesi derogatoria, riconosciuta dalla giurisprudenza di merito in riferimento a casi del tutto particolari ove all’inadempimento si ricolleghino effetti peculiari quali, ad esempio, l’insolvenza o una seria sofferenza di un’eventuale attività imprenditoriale, o ancora l’importante entità delle somme coinvolte, ma solo nel caso in cui l’importo elevato della somma in contestazione ed il protrarsi dell’insoddisfazione possano creare un eccessivo scarto tra danno subito e danno effettivamente risarcito.

Tale ultima evenienza, ha sottolineato il Giudicante, quand’anche specificamente dedotta non è comunque configurabile nel caso, come quello di specie, in cui la controparte sia un intermediario finanziario, posto che in tale ipotesi ben può essere risarcito l’eventuale danno integrale laddove accertato.

In virtù delle suesposte considerazioni, e rilevato che nessuna delle richiamate evenienze era stata dedotta ed allegata, il Giudice si è pronunciato per l’integrale rigetto del ricorso.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:

PROCEDIMENTI CAUTELARI: ESCLUSO PERICULUM IN MORA IN CASO DI PROLUNGATA INERZIA DEL RICORRENTE

Inesistente ove nel tempo intercorso il giudizio di merito si sarebbe definito

Ordinanza | Tribunale di Napoli, Dott. Ettore Pastore Alinante | 08.03.2016

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